New York State electoral story

New York, inteso come Stato, ha partecipato alle Presidenziali cinquantasette volte avendo saltato le prime per non avere scelto per tempo i propri Grandi Elettori.

Totalmente, ha votato quarantasei volte per il candidato vincente e undici per il perdente.

Ventiquattro per i democratici e ventuno per i repubblicani.

Essendo una delle ex colonie, nei primi decenni, troviamo ovviamente affermazioni di partiti da tempo dimenticati quali i Federalisti (una vittoria), i Whig (due) e i Democratici Repubblicani (sette).

Dal 1988, quando preferì l’asinello Michael Dukakis a George Herbert Bush, ha sempre votato democratico spesso con percentuali attorno al sessanta per cento.

Nelle ultime tornate il peso dello Stato con capitale Albany era pari a ventinove Grandi Elettori.

Parecchi ancora ma certamente molti di meno del periodo che va dagli inizi Novecento al 1980, allorquando arrivò a poter contare a seconda dei momenti da trentanove a quatantasette voti elettorali addirittura.

Segno questo del superamento del New York quanto al numero degli abitanti da parte di altri Stati (i quantitativi dei Grandi Elettori spettanti a ciascuno Stato sono in definitiva determinati dal numero degli abitanti essendo il totale di cinquecentotrentotto – i tre spettanti al Distretto di Columbia esclusi – diviso proporzionalmente sulla base dei risultati dei censimenti) quali la California e il Texas.

Guardando ai predetti recenti esiti nonché al fatto che i membri del partito dell’asino ricoprono larga parte delle cariche politiche federali (entrambi i Senatori e ventuno Rappresentanti su ventisette) e locali (il Governatore e il Sindaco della Grande Mela), difficile davvero pensare che ‘the Empire State’ possa nel 2020 votare repubblicano.

Si noti che Donald Trump è nuovaiorchese e avendo subito una sconfitta nel proprio Stato nel 2016 rientra nel ristretto numero di Presidenti eletti ma non votati appunto dalla terra di provenienza.

Nuovaiorchesi, intendendo nati nello Stato, tra gli inquilini di White House Martin Van Buren, Grover Cleveland e i due Roosevelt.