Obiettivo Casa Bianca. Come si elegge il presidente degli Stati Uniti d’America

Candidature, confronti mediatici, raccolta adesioni e fondi, caucus e primarie, running mate, convention, platform, general election, giuramento e insediamento…

Questo, bene o male, l’iter, il percorso che conduce l’eletto a White House.

Lo conosciamo, a grandi linee lo conosciamo.

Ma come tale articolato e complesso percorso si è andato componendo?

Quali le regole alle origini?

Quando e come si sono trasformate e affinate?

 

Dopo avere ricordato che le elezioni presidenziali USA sono, da subito – in quanto in tal modo voluto dai costituenti – di secondo grado perché non si vota direttamente per l’uno o l’altro candidato ma per ‘grandi elettori’ che successivamente eleggeranno il capo dello Stato e che – come si è venuto invece col tempo determinando – ben prima, nel corso di caucus e primarie si scelgono i delegati alle convention dei partiti, delegati ai quali spetta la nomina del prescelto per la sfida conclusiva nella general election.

Dopo avere ricordato che determinare se in uno Stato si svolgono caucus o primarie è compito demandato ai partiti locali, che da una elezione all’altra è possibile cambiare passando dall’uno all’altro istituto e che può capitare che mentre un partito si esprime in un particolare Stato con le primarie l’altro lo faccia con un caucus e viceversa.

Dopo avere ricordato che i calendari di primarie e caucus possono divergere e che pertanto non necessariamente per i due partiti si vota nello stesso giorno nello stesso Stato.

Dopo avere ricordato che il giorno elettorale della general election è fissato al primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre dell’anno bisestile*.

Dopo avere ricordato che i candidati alla presidenza e alla vice presidenza devono avere i seguenti requisiti: essere cittadini americani dalla nascita, risiedere negli Stati Uniti da almeno quattordici anni e avere compiuto al momento delle elezioni i trentacinque anni.

Dopo avere ricordato che i componenti il ticket (candidato presidente e candidato vice) non possono entrambi essere residenti nello stesso Stato.

Dopo avere ricordato che il mandato è di quattro anni.

Dopo avere ricordato che il giuramento del nuovo o confermato presidente ha luogo alle ore dodici del 20 gennaio dell’anno successivo a quello elettorale ma che in precedenza, fino al 1933, si entrava in carica il 4 di marzo, sempre dell’anno successivo alla elezione.

Dopo avere ricordato che, per quanto il sistema si sia andato formando in modo da fare emergere solo due partiti e due candidati, di contro i movimenti politici e i pretendenti in campo (alcuni, pochissimi, in tutti o quasi gli Stati, altri solo localmente) sono molti ma senza altro mandato e fine che quello di rappresentare idee ed istanze più o meno nettamente minoritarie.

Dopo avere ricordato che esiste la possibilità di candidarsi da indipendenti.

Dopo avere ricordato che prima dell’affermarsi in via definitiva dei due partiti egemoni – ovviamente, il democratico e il repubblicano – che si confrontano direttamente dal 1856 altri erano i movimenti politici in competizione e che in tempi oramai lontani i candidati seriamente in corsa (peraltro, in certi casi, appartenenti alla stessa sponda) potevano pertanto essere ed erano di sovente più di due.

Dopo avere ricordato che è solo a seguito dell’adozione dell’emendamento costituzionale del 1951 che non si può essere eletti più di due volte.

Dopo avere ricordato che si è arrivati al suffragio universale solo nel 1920 allorquando il voto fu concesso anche alle donne.

Dopo avere ricordato che al raggiungimento del diciottesimo anno di età si ha il diritto di votare.

Dopo avere ricordato che per votare ci si deve iscrivere alle ‘liste elettorali’ esplicitando in questo modo l’intenzione di esercitare il diritto di cui sopra.

Dopo avere ricordato che iscrivendosi alle citate liste si può dichiarare quale sia il proprio partito di riferimento e che questa dichiarazione ha dipoi conseguenze elettorali nelle primarie.

Tenendo altresì conto del fatto – che ha implicazioni nelle regole relative alla general election – che per il ‘Compromesso del Connecticut’ esistono due camere federali e che al senato sono rappresentati gli Stati con due membri a testa mentre alla camera è rappresentato il popolo in proporzione al numero degli abitanti di ogni singolo Stato.

Rammentato che ogni dieci anni, al fine di determinare la distribuzione come detto su base proporzionale al numero degli abitanti dei rappresentanti e, per conseguenza, dei ‘grandi elettori’, si effettua un censimento.

Ecco, tutto ciò ricordato, i principali tratti evolutivi che hanno portato al sistema elettorale quale oggi è.

 

Il ticket elettorale

E’ solo dopo la riforma costituzionale del 1804 che l’elezione del presidente viene distinta da quella del vice e si arriva al ‘ticket elettorale’.

Prima, il candidato che conquistava il maggior numero di delegati diventava capo dello Stato mentre il secondo classificato era il vice.

Così operando, poteva occorrere (ed è occorso) che presidente e vice appartenessero a partiti diversi con conseguenze politiche problematiche specie in caso di una ipotetica successione in carica.

 

La convention

E’ solo a partire dal 1831, in vista delle elezioni del 1832, che viene adottata la convention, ovvero il congresso nazionale dei partiti tuttora in uso nel quale i partiti stessi decidono la candidatura a White House di un proprio esponente e si determina il programma elettorale (platform).

E’ infatti nella data indicata che il partito antimassonico – allora di un qualche peso – si riunisce appunto in convention, subito dopo imitato dagli altri movimenti all’epoca in auge.

Fino a quando, nel Novecento, i partiti decidono, mano mano, di ricorrere alle primarie e ai caucus per la scelta dei delegati da inviare alla convention, questi venivano indicati dalle segreterie e dalle consorterie partitiche varie.

 

Le primarie

Adottate per la prima volta localmente nel Wisconsin nel 1903, le primarie, quanto alla corsa per la Casa Bianca, coinvolgono direttamente gli elettori nella selezione dei delegati alle convention e, per conseguenza, nella scelta dei candidati.

La prima applicazione in vista delle presidenziali – parziale dato che solo tredici Stati le adottarono – si ebbe nel 1912 ad opera del partito repubblicano.

Agli inizi, la maggioranza qualificata dei ‘voti elettorali’ da raggiungere era dei due terzi la qual cosa implicava in pratica l’impossibilità da parte di uno dei candidati di raggiungere, come oggi abitualmente accade, la convergenza sul proprio nome del prescritto numero di delegati prima della convention.

Implicava altresì che, nell’attesa di raggiungere una intesa, si procedesse invano ad un numero a volte impressionante di votazioni a vuoto.

Dal 1936, i democratici – poi imitati dai repubblicani – optarono per la maggioranza assoluta (il cinquanta per cento più uno).

Il numero totale dei delegati da scegliere è differente da partito a partito e determinato da regole interne.

Le primarie, in prima battuta, si dividono in ‘aperte’ o ‘chiuse’.

Le prime consentono a tutti gli iscritti alle liste elettorali di votare liberamente.

Le seconde lo permettono solo a coloro che iscrivendosi alle citate liste si sono dichiarati vicini al partito che le indice.

La distribuzione è su basi proporzionali: contano gli abitanti dei singoli Stati e pertanto minore è il numero dei delegati da eleggere quanto minore è il numero dei residenti e viceversa.

Mentre nel partito dell’asinello (simbolo dei democratici) l’attribuzione Stato per Stato avviene su base proporzionale, in quello dell’elefantino (simbolo dei repubblicani) si procede in modi diversi.

Alcuni Stati adottano il proporzionale, altri dividono i delegati tra quelli da assegnare su base statale e quelli da attribuire nelle circoscrizioni nelle quali lo Stato per la bisogna è diviso, altri adottano il ‘winner tke all’ per cui chi vince per voti popolari qualsiasi sia la percentuale raggiunta si prende tutti i delegati, altri ancora il ‘winner take most’  in ragione del quale si conquistano tutti i voti elettorali in palio solo se si supera il cinquanta per cento dei suffragi, e non è finita qui.

Regole diverse, infine, e cambiate nel tempo anche riguardo all’obbligo o meno dei delegati in sede di convention di tenere fede all’impegno preso di votare per il candidato al quale facevano riferimento al momento della loro elezione.

Oggi, in genere, sono obbligati nella prima votazione (nella quale, naturalmente, se esiste una maggioranza, si arriva al dunque) e sciolti da quelle successive se la convention è brokered, cioè senza un vincitore annunciato.

La prima primaria, che fa seguito al primo caucus, è tradizionalmente quella del New Hampshire.

 

Caucus

E’, in buona sostanza, la riunione dei sostenitori e degli attivisti dei partiti che la indicono.

Come le primarie, i caucus, adottati da non pochi Stati, possono essere ‘aperti’ o ‘chiusi’.

Come le primarie, possono attribuire i delegati proporzionalmente o in altri modi.

Il primo caucus in calendario,  che apre le danze elettorali, è tradizionalmente quello dell’Iowa.

 

General election

Come riportato in precedenza, si vota il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre dell’anno bisestile*.

I ‘grandi elettori’ sono in totale cinquecentotrentotto, pari alla somma dei senatori (due per Stato e quindi ad oggi cento), dei rappresentanti che sono quattrocentotrentacinque e dei tre delegati ai quali nell’occasione ha diritto il District of Columbia.

Per conseguenza, la maggioranza assoluta è pari a duecentosettanta (la metà più uno) dei ‘grandi elettori’.

Da gran tempo, essendo alla fine due i candidati seriamente in lizza, la prescritta meta viene invariabilmente raggiunta appunto da uno dei sue.

Non dovesse accadere – come, per esempio, nel 1824 – la scelta del capo dello Stato è demandata alla camera dei rappresentanti dove si dovrà votare, scegliendo tra i tre che hanno raccolto il maggior numero di delegati, per delegazione statale.

I ‘grandi elettori’ sono attribuiti Stato per Stato in un numero pari a quello dei parlamentari ai quali ogni Stato ha diritto, senatori e rappresentanti sommati.

Per fare i due esempi estremi, la California ha diritto a cinquantacinque delegati (avendo due senatori e cinquantatre rappresentanti), l’Alaska a tre (avendo due senatori e un solo rappresentante).

E’ possibile, ed è accaduto più volte, arrivare alla presidenza perdendo a livello nazionale in termini di voti popolari dappoiché conta il voto Stato per Stato.

I ‘grandi elettori’ si conquistano appunto Stato per Stato con il sistema del ‘winner take all’, in ragione del quale chi vince localmente il voto dei cittadini anche di un solo suffragio porta a casa tutti i ‘grandi elettori’ ai quali lo Stato ha diritto.

Fanno eccezione a questa regola il Nebraska e il Maine (ogni Stato è libero di decidere in merito) che hanno sistemi diversi ma la cui incidenza è molto relativa avendo pochi delegati a testa da eleggere.

Tendenzialmente, con eccezioni, gli Stati in sede elettorale si comportano quasi sempre allo stesso modo.

Esistono quindi Stati che votano normalmente democratico (‘Blue States’), Stati che si esprimono normalmente per i repubblicani (‘Red States’) e Stati che cambiano spesso se non sempre orientamento (‘Swing States’).

Oggi, la somma dei delegati abitualmente ‘blue’  è superiore a quella degli usualmente ‘red’ ragione per la quale è più facile per un democratico arrivare alla maggioranza assoluta e vincere.

Questo essendo gli Stati ‘red’ più numerosi ma meno popolati e pertanto dotati di un minor numero di ‘grandi elettori’.

 

Il collegio elettorale

Il lunedì dopo il secondo mercoledì di dicembre i cinquecentotrentotto ‘grandi elettori’ si riuniscono nelle capitali dei loro Stati di appartenenza (non, quindi, tutti insieme) ed eleggono presidente e vice presidente.

Per conseguenza, allorquando il giorno della gneral election si dice che il tale candidato è stato eletto si forza la verità.

Sarà eletto solo dopo la votazione della quale ora si è trattato.

 

Giuramento e insediamento

Come detto, la cerimonia del giuramento e dell’insediamento del presidente ha luogo il 20 gennaio dell’anno successivo a quello elettorale alle ore 12.

Fino al 1933, aveva luogo il 4 marzo.

Il presidente giura sulla Bibbia, o dà la propria parola nelle mani del presidente della Corte Suprema.

Dopo di che, è in carica.

 

Si vota il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre dell’anno bisestile in quanto le leggi in merito risalgono a un periodo storico nel quale il popolo degli elettori era principalmente impegnato dal lavoro dei campi e dall’allevamento del bestiame.

Per conseguenza, novembre era il primo mese di calma relativa.

Si decise di non votare di domenica perché ‘giorno dedicato al Signore’

Il lunedì fu riservato ai trasferimenti verso i luoghi dove erano collocati i seggi elettorali e pertanto si optò per il martedì.

Non il primo ma quello dopo il primo lunedì per evitare di dover votare nel giorno di Ognissanti.