Presidenziali del 1928

Alle urne il 6 novembre.
Cinquecentotrentuno ancora (sarà così fino al 1956 compreso) gli Elettori.
Duecentosessantasei il limite minimo per ottenere la maggioranza assoluta.
Cinquantasei e nove per cento (un aumento dell’otto rispetto alle precedenti consultazioni) la percentuale degli aventi diritto al voto recatisi ai seggi.

Il Partito Repubblicano, riunito in Convention a Kansas City, essendosi dichiarato non disponibile il Presidente uscente Calvin Coolidge, nomina il Segretario al Commercio in carica Herbert Hoover.
Prevale sull’ex Governatore dell’Illinois Frank Orren Lowden e sul Senatore del Kansas Charles Curtis (fra l’altro, il solo pellerossa arrivato a tale vertice politico) che sarà con lui nel ticket come candidato Vice Presidente.

Il Partito Democratico, a Houston, sceglie il Governatore del New York Alfred Smith.
Suo Running Mate il Senatore dell’Arkansas Joseph Robinson.

Entrambi i candidati a White House nonché i motivi del contendere meritano l’approfondimento che segue.

Prima, comunque, il risultato elettorale:
Herbert Hoover – vincitore ‘a valanga’, conquista quaranta Stati e quattrocentoquarantaquattro delegati al Collegio;
ad Alfred Smith, otto Stati e ottantasette Elettori.

Annotazioni
Il vincitore: Un tipo davvero in gamba
Ingegnere attivo a livello internazionale.
Milionario in giovane età.
Capacissimo Presidente del consiglio interalleato per gli aiuti alle popolazioni colpite dagli eventi bellici durante e dopo la Prima Guerra Mondiale.
Uomo politico che aveva saputo tessere ottime relazioni in particolare con i Paesi latino americani.
Ministro del Commercio sotto Warren Harding e il suo successore.
Un curriculum eccezionale, senza la minima pecca, quello del candidato scelto dai repubblicani in vista delle elezioni del 1928.
Demolito il democratico cattolico (‘papista’, secondo i denigratori) Alfred Smith, eccolo a White House.
È il 4 marzo del 1929.
Non molti mesi dopo, il terribile ‘crollo di Wall Street’.
Poi, la Grande Depressione.
Qualcuno può davvero pensare che Herbert Hoover abbia avuto a disposizione tra l’ottobre 1929 e il 1932 – quando sarà defenestrato da Franklin Delano Roosevelt – anni di Presidenza felici?
Anche un solo giorno fausto?
La famosissima e terribile, visto quanto accadde da lì a poco, frase che pronunciò nel corso del discorso di Insediamento: “In America siamo vicini, oggigiorno, al trionfo finale sulla povertà, come mai era accaduto prima nella storia di qualsiasi altro Paese”, dimostra abbondantemente come i politici, per quanto in gamba possano essere, per quanto adeguatamente informati, non siano assolutamente in grado di prevedere il futuro in campo economico, e non solo.

Lo sconfitto.
Il ‘papista’ Alfred Smith
Il primo cattolico che pensò seriamente alla Presidenza non fu, come molti credono, John F. Kennedy ma Alfred E. Smith.
Orfano a quindici anni e costretto a lasciare la scuola per lavorare come contabile per mantenere la madre e i quattro fratelli minori, Smith si dimostrò subito un vero ‘animale’ politico.
Membro dell’assemblea dello Stato di New York per i democratici nel 1902, in seguito Sceriffo della Contea (sempre di New York) e Presidente del circolo comunale, Alfred, nel 1918, arrivò facilmente al Governatorato dello Stato venendo di poi rieletto, con l’eccezione del 1920, altre tre volte.
Contrapposto, come visto, nel 1924, nella Convention nazionale del Partito dell’Asino che si svolgeva al Madison Square Garden, a William Gibbs McAdoo (genero dell’ex Presidente Wilson e già Ministro del Tesoro), risultati inutili ben centodue scrutini, si vide obbligato, insieme al rivale, a ritirare la candidatura a favore di John Davis che venne così nominato alla centotreesima votazione per essere poi battuto dal capo dello Stato uscente il repubblicano Calvin Coolidge.
Tornato alla carica nel 1928, ‘l’eroico guerriero’ (in tal modo lo aveva battezzato, presentandolo ufficialmente in questa seconda occasione ai delegati, Franklin Delano Roosevelt), sia pure con difficoltà, ottenne la tanto sospirata Nomination ed ingaggiò un aspro duello con il concorrente prescelto dal GOP Herbert Hoover.

Come scrive Michael Parrish in ‘L’età dell’ansia’, “lo scontro tra Hoover e Smith è stata l’ultima epica battaglia culturale degli anni Venti, una battaglia tra opposte realtà religiose, etniche e geografiche. Cattolicesimo irlandese (quello di Smith), contro Protestantesimo, città contro campagna, proibizionisti contro antiproibizionisti…
Smith rappresentava le classi lavoratrici urbane, Hoover il management capitalista illuminato”.
I due fattori che decisero – rovinosamente per il Nostro che si affermò solo in otto Stati su quarantotto – la tenzone furono la sua posizione sul Proibizionismo (voleva abrogare l’Emendamento che lo aveva introdotto e perciò fu brutalmente accusato di essere un ubriacone) e, soprattutto il suo conclamato cattolicesimo (nel suo ufficio di governatore ad Albany campeggiava un ritratto di papa Pio XI con la dedica: ‘Al mio amatissimo figlio Alfred Smith’).
Dai più fanatici tra gli avversari fu addirittura accusato di cospirare con il papa per distruggere la libertà religiosa e politica del Paese!

26 marzo 2024