Presidenziali del 1960

Si vota l’8 novembre.
Gli Elettori da nominare sono cinquecentotrentasette visto che per la prima volta sono ammessi alle urne i cittadini di Alaska ed Hawaii.
La maggioranza assoluta è collocata a duecentosessantanove.
I votanti sono il sessantadue e otto per cento degli aventi diritto.
I democratici si riuniscono a Los Angeles.
I repubblicani a Chicago.

Nel Partito dell’Asino i candidati sono metà di mille (perfino un Redivivo Adlai Stevenson alla ricerca di una terza, davvero improbabile, Nomination consecutiva): i Senatori John Kennedy del Massachusetts, Lyndon Johnson del Texas e leader della maggioranza alla stessa Camera Alta, Stuart Symington del Missouri, Hubert Humphrey del Minnesota, Wayne Morse dell’Oregon, George Smathers della Florida.
Come sotto riportato nelle annotazioni, infine, tra mille indugi, prevale il cattolico (secondo in pista dopo Al Smith) John Kennedy.
Con lui, incredibilmente dati i contrasti, Johnson.

Nell’Elefante, impossibile una terza candidatura di Dwight Eisenhower, in lizza il suo Vice Richard Nixon, il Governatore del New York Nelson Rockfeller e l’Ambasciatore Henry Cabot Lodge jr.

In una campagna elettorale estremamente serrata, Kennedy prevale di pochissimo in termini di voti popolari, perde in ragione di Stati (Nixon si afferma in ventisei contro i ventidue del Senatore del Massachusetts, questo perché gli Elettori del Mississippi e la maggioranza di quelli dell’Alabama si espressero in sede di Collegio per una terza personalità politica, Harry Flood Byrd), ma vince in termini di Elettori: trecentotre a duecentodiciannove (quindici quelli ottenuti dal citato Byrd).

Per inciso, pochissime le circostanze nelle quali il vincitore si impone in un numero minore di Stati rispetto allo sconfitto.
È accaduto solo nel 1824 (John Quincy Adams sette Stati e Andrew Jackson dodici) e nel 1976 (Jimmy Carter ventitre più il Distretto di Columbia e Gerald Ford ventisette).
In altre due occasioni, i contendenti, da questo punto di vista, pareggiarono: 1848, Taylor e Cass quindici Stati a testa; 1880, Garfield e Hancock diciannove ciascuno.
Da segnalare infine che quella del 1960 è l’ultima elezione fino al 2020 nella quale l’Ohio non ha votato per il vincitore.

Annotazioni
Arrivato che fu il 1960 e non potendosi più ricandidare Eisenhower per il disposto del XXII Emendamento, un nutrito gruppo di democratici annunciò l’intenzione di scendere in lizza per ottenere la Nomination: il Senatore del Massachusetts John Kennedy, il leader della maggioranza al Senato Lyndon Johnson, il Senatore del Missouri Stuart Symington, il Senatore del Minnesota Hubert Humphrey, il Senatore dell’Oregon Wayne Morse e il Governatore della California Pat Brown.
In più, senza proporsi nelle Primarie ma sperando di arrivare comunque alla sua terza candidatura consecutiva in sede di Convention se nessuno tra i contendenti si fosse dimostrato un vincente, ancora e di nuovo Adlai Stevenson.
La Convenzione era stata fissata dall’11 al 15 luglio a Los Angeles.

Al termine della Primarie e dei Caucus, nessuno tra i predetti candidati aveva conquistato un numero sufficiente di delegati per essere scelto al primo scrutino.
Si trattava, quindi, di una kermesse ‘aperta’, nel corso della quale le più diverse e improbabili alleanze avrebbero portato ad una scelta di compromesso ma definitiva.

I tre candidati di maggior peso, quelli davvero in corsa a quel punto, erano Kennedy, Johnson e Stevenson.
Harry Truman entrò allora in gioco sostenendo che per superare l’impasse i tre avrebbero dovuto fare un passo indietro e dare spazio e strada a Stuart Symington, che era stato Segretario all’Aviazione nel suo governo ed era missouriano, sia pure di adozione, come lui.
Gli andò male: ‘Stu’ fu sconfitto, l’ipotesi Stevenson non decollò, Johnson accettò, contro le previsioni perfino dell’entourage di Kennedy, di correre nel ticket per la Vice Presidenza.
Il fatto che fosse cattolico fu certamente un impedimento per il futuro Presidente della ‘Nuova frontiera’ ma, e già lo avevano dimostrato gli esiti delle Primarie, non insuperabile come era stato nel 1928 per Alfred Smith accusato di essere un ‘papista’.

Sul tema, allorquando i giochi a favore del Senatore del Massachusetts apparvero fatti, il vecchio Truman se ne uscì con una battuta rimasta celebre:
“It’s not the Pope I’m worried abaut, It’s the Pop” (“Non è il Papa che mi preoccupa, ma il papà”).
Chiunque conoscesse il padre di John, Joseph Kennedy, il suo carattere, la provenienza del suo denaro poteva concordare con lui!

3 aprile 2024