Presidenziali del 1968

Le votazioni hanno svolgimento il 5 novembre.
La percentuale dei votanti è pari al sessanta e nove per cento degli aventi diritto.
Il Partito Repubblicano, riunito a Miami Beach, sceglie Richard Nixon – già Vice di Eisenhower e candidato perdente nel 1960.
Al suo fianco, il Governatore del Maryland Spiro Agnew.
Nixon prevale su Nelson Rockfeller, George Wilcken Romney (padre del futuro candidato Mitt, 2012) mentre appare per la prima volta tra i maggiori esponenti GOP Ronald Reagan.
I democratici (riuniti a Chicago in una Convention particolarmente contestata) optano per il Vice Presidente in carica con Johnson Hubert Humphrey che – non più in corsa il defunto Robert Kennedy – ha la meglio su Eugene McCarthy e George McGovern.
Nel ticket con Humphrey, il futuro Segretario di stato e al momento Senatore del Maine Edmund Muskie.
Terzo incomodo, il Governatore dell’Alabama George Wallace, segregazionista.

Nixon conquista trentadue Stati per un totale di trecentouno Elettori.
Humphrey vince in tredici Stati più il Distretto di Columbia e riporta centonovantuno delegati.
Wallace cattura cinque Stati del ‘profondo Sud’ per un totale di quarantacinque partecipanti al Collegio laddove verrà votato anche da un quarantaseiesimo delegato.

Annotazioni
La campagna elettorale del 1968: l’uscita di scena di Lyndon Johnson e quel che consegue
Novembre 1967, il generale William Childs Westmoreland, capo delle truppe americane impegnate in Vietnam, dichiara: “Le speranze del nemico sono alla fine”.
Il Presidente Johnson, convinto che in effetti le sorti del conflitto che, per le proteste e le opposizioni in essere, dilania internamente gli USA volgano a favore, si appresta a correre Primarie e Caucus in programma nel 1968 in vista delle elezioni novembrine.
Il XXII emendamento non lo riguarda avendo egli sostituito John Kennedy nella seconda parte del mandato.
Gli si contrappone da subito il leader dei pacifisti democratici, il già deputato e all’epoca Senatore Eugene McCarthy.
Due imprevisti fermano la apparentemente facile cavalcata del Presidente in carica verso la nuova Nomination.
Nella notte tra il 30 e il 31 gennaio 1968, in coincidenza con il loro capodanno, i vietnamiti sferrano una feroce e dinamica offensiva, denominata ‘del Tet’ (così nella loro lingua si chiama appunto il capodanno).
L’attacco dimostra che la guerra, lungi dall’essere agli sgoccioli, può continuare per chissà quanto tempo.
Ancora il 31 gennaio, i risultati della importante primaria del New Hampshire vedono il pur vincente Johnson inaspettatamente insidiato da McCarthy.
Così stando le cose, ritenendo necessario seguire l’andamento del conflitto in Indocina con grande attenzione e tenendo altresì conto del fatto che i sondaggi lo danno in pericolo nel prosieguo delle Primarie e nei Caucus, Johnson annuncia il ritiro dalla competizione elettorale.
Siederà a White House fino al termine del mandato – ore dodici del 20 gennaio 1969 – e non un minuto di più.
La svolta induce Robert Kennedy, fino a quel momento decisamente riluttante, a scendere nell’agone
Altrettanto, sia pure ancora più tardi tanto da partecipare ben poco alle Primarie, fa il vice di Johnson, Hubert Humphrey.
Il 6 giugno 1968, Bobby prevale di misura su McCarthy nella importantissima consultazione elettorale della California.
Dopo di che, muore sotto i colpi di un arabo, Shiran Bishara Shiran, che lo ritiene troppo vicino alle posizioni di Israele.
Solo in corsa, il Senatore McCarthy perde smalto e non riesce a conquistare di lì in poi un numero sufficiente di delegati, tale che gli consenta di ottenere la Nomination democratica.
La successiva Convention ha luogo a Chicago nel mese di agosto.
Nel mentre, all’esterno, la polizia carica ferocemente i pacifisti accorsi nell’intento di condizionarne i lavori, i convenuti scelgono proprio Hubert Humphrey, scelta che, anche in considerazione del fatto che il Vice Presidente era favorevole al conflitto asiatico, provoca dissensi e contrapposizioni non da poco nell’elettorato.
Nel frattempo, in quel di Miami, i repubblicani si pronunciano incredibilmente per Richard Nixon – che sembrava uscito dalla politica dopo la sconfitta contro Kennedy del 1960 e quella ancora più bruciante del 1962 per il Governatorato della California.
Le divisioni democratiche e il clima anche in merito alle sempre importantissime questioni razziali, in specie riguardo al segregazionismo ancora in opera nel Sud governato da esponenti della destra conservatrice del Partito dell’Asino, sfociano nella nascita di un terzo partito ‘indipendente’ che concede la Nomination al combattivo boss dell’Alabama George Wallace.
È intenzione di Wallace raccogliere un numero tale di delegati da impedire l’elezione – che si ottiene avendo almeno il voto del cinquanta per cento più uno dei voti elettorali – dei candidati dei due partiti principali e di far sì che la scelta passi dal Collegio composto dagli Elettori alla Camera dei Rappresentanti come determinato dal XII emendamento del 1804,

Alla fine – in effetti, lo avevano rilevato i sondaggi – Humphrey, partito come sconfitto senza rimedio, si avvicinò molto a Nixon in termini di voto popolare.
Perse per all’incirca solo mezzo milioni di suffragi su base nazionale.
Ciò non pertanto, il repubblicano prevalse nettamente in termini di delegati: trecentouno a centonovantuno.
Wallace, sia pure in parte e forse handicappato dalla presenza al suo fianco del generale Curtis LeMay – un guerrafondaio che sosteneva che in Vietnam si poteva vincere buttando un numero tale di bombe da ricondurre l’intero Paese asiatico all’età della pietra – fece benissimo.
Quasi dieci milioni di voti popolari, cinque Stati del Sud, quarantasei delegati: il miglior risultato di un ‘terzo’ dai tempi, 1912, di Theodore Roosevelt.

In sella, quindi, dal successivo 20 gennaio 1969, Richard Nixon, l’unico inquilino di White House in seguito dimissionario.

5 aprile 2024