Presidenziali del 1976

Si vota il 2 novembre.
Cinquecentotrentotto gli Elettori e duecentosettanta la maggioranza assoluta.
Alle urne il cinquantatre e sei per cento degli aventi diritto.
Confronto davvero strano, unico.
Da una parte, il GOP ripropone il Presidente uscente Gerald Ford che è arrivato a White House stravolgendo, legalmente per carità, ogni tradizionale metodo.
È difatti stato nominato Vice Presidente secondo quanto disposto dal XXV Emendamento – usato per la prima volta a tale fine – in sostituzione del titolare della Vicepresidenza Spiro Agnew, che si era dovuto dimettere per scandali risalenti alla sua precedente carriera politica locale.
È dipoi subentrato nell’agosto del 1974 a Richard Nixon dopo le dimissioni dello stesso conseguenti allo ‘Scandalo Watergate’.
La Nomination di Ford era stata molto contrastata in particolare dall’ex Governatore della California Ronald Reagan.
Alla Convention di Kansas City – una Brokered Convention – i due si erano presentati talmente vicini quanto a delegati da far dire che l’esito non era determinabile (gergalmente, ‘too close to call’).
Prevalse, come detto, Ford, rinunciando peraltro al Vice che si era in precedenza scelto (Nelson Rockfeller) e accettando un programma conservatore lontano dalle sue stesse idee.
Con lui nel ticket il Senatore del Kansas Robert ‘Bob’ Dole, futuro e sfortunato candidato a White House.

Molti tra i democratici i possibili pretendenti.
Fra gli altri, da citare almeno Sargent Shriver – già al fianco di McGovern nel 1972 – e il Senatore del Texas Lloyd Bentsen, più tardi in corsa con Michael Dukakis.
A sorpresa, tra i tanti, nel corso delle Primarie, emerse il nome di un ex Governatore della Georgia, Jimmy Carter.
Avendo il vantaggio di non essere stato in precedenza coinvolto in scandali a livello nazionale, infine, fu il prescelto nella Convention di New York City.

Lo ‘Scandalo Watergate’ e il fatto che il primo Presidente nella storia costretto a dare le dimissioni fosse repubblicano pesava, evidentemente, come un macigno sulle spalle del povero Ford
Tutti gli osservatori pensavano che il democratico avrebbe quindi vinto facilmente.
Così, peraltro, non fu.
Un Carter assai poco incisivo alla fine prevalse davvero per un soffio.
Si è calcolato che se ottomila persone avessero votato differentemente tra Ohio ed Hawaii l’uscente sarebbe restato in carica.

Tra i molti terzi esponenti di partiti decisamente minori, da segnalare una nuova candidatura come indipendente di Eugene McCarthy.

Al fianco di Carter, il partito indicò per la Vicepresidenza il Senatore del Minnesota Walter Mondale.
Alla fine, il Rappresentante dell’Asino vinse in ventitre Stati e nel Distretto di Columbia mentre il leader dell’Elefante prevalse in ventisette Stati purtroppo per lui dotati in totale di un minor numero di Elettori (duecentoquaranta) rispetto a quelli conquistati dal rivale (duecentonovantasette).

Il totale non è cinquecentotrentotto perché in sede di Collegio Elettorale un voto fu dato da un dissenziente a Ronald Reagan.

7 aprile 2024