Presidenziali del 1980

Al voto il 4 novembre.
Cinquantadue e sei per cento gli elettori effettivamente andati alle urne.
Quanto agli Elettori (con l’iniziale maiuscola perché, come sempre ripetuto, vanno distinti da quelli comuni in quanto loro specifico compito è eleggere effettivamente il Presidente) e alla maggioranza assoluta, lo sappiamo, a seguito dell’entrata nell’Unione di Alaska ed Hawaii e dopo l’approvazione dell’Emendamento che riconosce rappresentanza in materia anche al Distretto di Columbia, i numeri si sono stabilizzati e resteranno tali fino ad oggi (e cambieranno, salvo cataclismi non augurabili come la Guerra di Secessione, per carità, solo con l’entrata nell’Unione di un eventuale cinquantunesimo Stato): cinquecentotrentotto i membri del Collegio da eleggere e duecentosettanta il minimo da raggiungere.

Il sistema Primarie e Caucus per la scelta dei delegati alla Convention?
Certo, il Partito Repubblicano aveva introdotto le Primarie a livello appunto delle presidenziali già nella tornata del 1912 ma pochi gli Stati allora coinvolti.
Ancora nel 1968, solo il quaranta per cento dei citati delegati era effettivamente scelto dagli elettori.
È proprio nel 1980 che il meccanismo entra pienamente in funzione: trentasette Stati su cinquanta lo adottano.
Moltissimi i cittadini coinvolti, un trionfo della democrazia di base.

Il Presidente in carica, Jimmy Carter, era talmente poco difendibile per i numerosi insuccessi specie in politica estera da temere grandemente la sfida interna all’Asinello portatagli dal Senatore del Massachusetts Edward ‘Ted’ Kennedy, fratello di John e di Robert.
Corre per poco tempo anche il Governatore della California Jerry Brown .

Tra alti e bassi, malgrado la veemenza degli attacchi di Ted, Carter riesce a prevalere di poco nelle Primarie e ad essere nuovamente candidato in una Convention nuovaiorchese nella quale serpeggia una pesante aria di sconfitta.
A comporre il ticket, il Vice Presidente uscente Walter Mondale.

Nel GOP, corsa in testa dell’ex Governatore della California Ronald Reagan che mano mano acquista vantaggio nei confronti di uno sfidante certamente di valore quale l’ex Ambasciatore all’ONU e in Cina nonché Direttore della CIA George Herbert Bush.

Per il vero, esiste e si palesa un terzo incomodo: il Rappresentante dell’Illinois John Anderson il quale, sconfitto, esce dal partito e si candida come indipendente.

Alla sfida conclusiva per White House numerosi altri candidati, peraltro significativi solo al fine di rappresentare comunque una idea: un libertariano (il Libertarian Party è stato fondato nel 1971), un socialista, un comunista e via elencando.

Una campagna strana con due concorrenti maggiori poco amati (Reagan diventerà Reagan governando!).
Una campagna all’inizio della quale Anderson pare debba avere numerosi sostenitori in specie nelle Università tra docenti e studenti (raccoglierà un dignitoso sei e sei per cento dei suffragi popolari).
Alla fine, ulteriormente azzoppato dai fatti iraniani e dai fallimenti delle azioni intraprese per liberare gli ostaggi USA prigionieri nell’ambasciata di Teheran, Carter perde rovinosamente.

Da sottolineare il fatto che si tratta storicamente dell’unica occasione nella quale uno sfidante repubblicano riesce a defenestrare un Presidente uscente e ricandidato democratico.
Non può essere messo sullo stesso piano infatti quanto occorso nel 1888, allorquando l’Asinello Grover Cleveland era stato battuto ed estromesso dal GOP Benjamin Harrison in primo luogo perché Cleveland aveva comunque vinto quanto a voti popolari e in secondo luogo perché lo stesso sarà capace nel 1892 di rivincere arrivando pertanto a conquistare, caso unico, la Casa Bianca due volte con un intermezzo.

I voti?
Ronald Reagan, quarantaquattro stati e quattrocentoottantanove Elettori.
Jimmy Carter, sei Stati e quarantanove voti nel Collegio.

8 aprile 2024