Presidenziali del 1984

Si vota il 6 novembre e alle urne si reca il cinquantatre e tre per cento degli aventi diritto.
Certo, nella temperie, il Partito Democratico (dovendo affrontare un Presidente uscente repubblicano in grandissimo spolvero che vantava successi in ogni campo, dalla politica economica a quella interna a quella internazionale) era sulla graticola.
Demolito, strabattuto – vedremo fra poco in quale misura e basti qui ricordare che il solo Alf Landon nel 1936, fra tutti i candidati a White House, aveva fatto peggio – il suo esponente, a cosa avrebbe potuto guardare per avere, nutrire speranze?
A due cose e mezzo di non poco conto, a dire il vero.
Al fatto che per la prima volta nella storia a far parte di un ticket di uno dei due partiti maggiori, sia pure solo come candidata alla Vicepresidenza, c’era una donna: Geraldine Ferraro, all’epoca alla Camera dei Rappresentanti, per di più cattolica.
Al fatto che ancora per la prima volta dalle sue fila usciva un candidato di colore di reale spessore: il reverendo Jesse Jackson, fra l’altro il primo nero capace di vincere qualche Primaria e, vedremo, ancora più performante quattro anni dopo.
Al fatto che il candidato interno alternativo sconfitto da Walter Mondale (sarà appunto l’ex Vice di Jimmy Carter a prevalere e ad ottenere la Nomination nella Convention di San Francisco) fosse il Senatore del Colorado Gary Hart – in seguito costretto ad abbandonare la scena politica nazionale per uno scandalo sessuale ma uomo di grandi capacità.

Dall’altra parte, Ronald Reagan è in cerca di primati e ottiene il novantotto e settantotto per cento dei voti nelle Primarie e nei Caucus, venendo candidato a Dallas per acclamazione.
E primati vari il GOP – il Vice in corsa è il confermatissimo George Herbert Bush – stabilirà o pareggerà anche nelle votazioni novembrine, nelle quali catturerà, come aveva fatto Nixon nel 1972, quarantanove Stati su cinquanta (lasciando a Mondale, oltre al Distretto di Columbia, che vota sempre democratico, solo il suo Stato natale e cioè il Minnesota) arrivando a poter contare in sede di Collegio Elettorale addirittura su cinquecentoventicinque Elettori contro tredici.

Anche in termini di voto popolare, la disfatta democratica è durissima visto che i suffragi dell’Asinello superano appena il quaranta per cento.
Da segnalare – a sottolineare l’impeto personale del Presidente uscente e rieletto – il fatto che dopo di allora il Massachusetts, il New York, l’Oregon, le Hawaii, il Rhode Island e il Washington non voteranno più repubblicano.

Con Ronald Reagan – il più anziano candidato fino ad allora (Joe Biden era lontano lontano oltre l’orizzonte) alla Casa Bianca e il più vecchio Presidente in carica (anche qui, Biden straccerà tale primato) – arriva al termine la cosiddetta ‘maledizione dell’anno zero’ che aveva visto morire nell’esercizio del mandato tutti i Presidenti eletti o rieletti appunto in un anno con finale zero dal 1840 in poi: William Harrison, Abraham Lincoln, James Garfield, William McKinley, Warren Harding, Franklin Delano Roosevelt, John Kennedy.
Per il vero, un attentatore cercò di dare continuità alla ‘maledizione’ predetta ma non riuscì nell’intento.

9 aprile 2024