Se fossi lo stratega di un candidato repubblicano in difficoltà

Lavorando sulla base delle disposizioni in merito della Carta Costituzionale e del 12° Emendamento, se fossi il capo staff, lo stratega elettorale, di un candidato che si trovasse nei sondaggi relativi alle intenzioni di voto nelle condizioni attuali di Donald Trump opererei come più sotto esposto sulla base di alcune considerazioni.
La prima:
– dal 1992 al 2012 compresi, diciotto Stati hanno costantemente votato democratico (e si palesano intenzionati a rifarlo il 3 novembre) costituendo quello che viene chiamato ‘Blue Wall’ (‘muro blu’, essendo appunto il blu il colore dell’Asinello).
Il totale (con i numeri conseguenti al Censimento del 2010) dei Grandi Elettori espressi da questi Stati è pari a 242.
Visto che la maggioranza assoluta al Collegio Elettorale è 270, al candidato dem basta vincere in Florida (29 Delegati al medesimo Collegio in questo classico ‘Swing State’) per superare il limite ed essere eletto.
La seconda:
– non sembra proprio (le smentite sono sempre possibili e lo ha dimostrato proprio Trump) che, come con Hillary Clinton con Joe Biden, sia possibile strappare, senza ricorrere ai rimedi sotto suggeriti, ai democratici alcuni degli Stati del predetto ‘Blue Wall’.
La terza:
– come palesato sempre nel 2016 da Evan McMullin, che lo fece l’8 agosto, sono tuttora (dipende dalla ‘deadline’ degli Stati, che differisce, ma di certo è ampiamente fattibile) proponibili localmente (McMullin contava da mormone sullo Utah) terze, quarte, eccetera, candidature ‘indipendenti’ a White House.
La quarta:
– se nessun candidato raggiungesse nel voto novembrino la citata maggioranza assoluta, per il disposto del XII Emendamento datato 1804 (applicato nel 1824), la nomina del Presidente sarebbe compito della Camera dei Rappresentanti che entra in carica il successivo 3 gennaio.
La quinta:
– nella circostanza, in quell’ambito, non conterebbero i voti dei singoli Rappresentanti (che probabilmente, come adesso, sarebbero in numero superiore democratici), perché ad esprimersi si muoverebbero le Delegazioni degli Stati e il loro suffragio varrebbe uno a prescindere dal numero dei Rappresentanti stessi (per chiarire: la California, che ha diritto a 53 scranni nel consesso, e l’Alaska, che ne ha uno, ‘peserebbero’ uno entrambi).
La sesta:
– normalmente, quasi sempre invero, anche quando il suo candidato perde, il partito repubblicano prevale nel voto camerale in più Stati rispetto al rivale.
Tutto ciò detto e rilevato, nei panni del nominato capo staff, stratega di Trump, anche in vista di un esito teoricamente più ‘facile’ (far semplicemente vincere al mio uomo lo Stato) in cotal modo opererei.
– identificherei un certo numero di situazioni tra quelle afferenti il ‘Blue Wall’ nelle quali un terzo e locale ‘indipendente’ oculatamente scelto e sostenuto (che sia ritenuto ‘concorrente’ effettivo del contendente per le posizioni politiche) avesse la possibilità di vincere e lo lancerei.
A, come detto, due fini.
Se prevalente, a quello suindicato di sottrarre Grandi Elettori ai duecentoquarantadue teorici del democratico e impedirgli di arrivare alla meta.
Se non prevalente ma capace di portare via allo stesso dem un numero notevole di voti popolari, di far vincere colà il GOP i cui Grandi Elettori pertanto aumenterebbero.
In soldoni (e a parte il fatto che una tale strategia andrebbe messa in atto altresì negli ‘Swing States’ al fine di vincerli), o si ripete – organizzandosi e non spontaneamente come quattro anni fa – il fenomeno della ‘erosione’ del ‘muro blu’ e si cattura la prevalenza assoluta al Collegio, o si riesce a sottrarre al democratico tanti Grandi Elettori da portare la votazione finale alla Camera.
Tutto assolutamente costituzionale.
Di piu, direi!

Post scriptum.
– Nella citata occasione (1824), la Camera scelse il secondo classificato (John Quincy Adams) sia per numero di delegati che per voto popolare.
Lo sconfitto (Andrew Jackson) – in modo costituzionalmente ineccepibile – ebbe molto a che ridire.
Dalla conseguente disgregazione del partito democratico/repubblicano, al quale appartenevano entrambi, nacque l’attualmente operante partito democratico.
– Una strategia analoga (che funzionò al fine di sottrarre Stati al repubblicano di allora – Benjamin Harrison – e di far tornare in sella il democratico – Grover Cleveland, defenestrato quattro anni prima) fu messa in atto nelle votazioni del 1892 favorendo in ogni modo dove possibile il terzo della situazione, il populista James Weaver.