Se le nomine alla Corte Suprema le avesse fatte Hillary Clinton?

Anni orsono, ebbi a sostenere in un pubblico dibattito che una delle ragioni più ‘pesanti’ per votare l’uno o l’altro candidato alla Executive Mansion consistesse (e consista) – meglio, dovesse (e debba) consistere – nel fatto che al Presidente spetti la nomina dei Giudici della Corte Suprema, sia pure soggetta dipoi alla ratifica da parte del Senato.
È quanto accaduto dalla entrata in carica di Donald Trump da questo punto di vista assolutamente significativo, pregnante.
Ha difatti il tycoon nominato (ottenendone la conferma in aula senatoriale) ben tre ‘Justices’ della Supreme Court (e, per il vero, un altissimo numero di Giudici Federali): Neill Gorsuch nel 2017, Brett Cavanaugh nel 2018, Amy Coney Barrett adesso.
Tutti e tre su posizioni dai liberal definite conservatrici, essendo per di più Amy Coney Barrett, già vicina al grande Antonin Scalia, una ‘originalista’ a tutto tondo.
Grande il disappunto (per non usare espressioni più colorite) dei democratici e dei media, a questi, per ogni dove – non solamente in America – fortissimamente collegati.
(E viene da chiedersi perché, pur avendo in mano negli USA e appunto ovunque da molti decenni l’informazione, la sinistra perda con buona e bella regolarità le elezioni).
Ove fosse invece stata eletta 4 anni fa Hillary Clinton e avesse proceduto a nomine di opposta appartenenza, portando la maggioranza in Corte su posizioni liberal (così definite) qualcuno avrebbe avuto a ridire?
(Salvo, naturalmente, quanti facendolo si sarebbero esposti a ferocissimi attacchi per le loro posizioni ‘oscurantiste’ se non peggio qualificate?)
Ben si comprende, tutto ciò visto e ricordato, il sostegno che molti gruppi religiosi sia protestanti che cattolici stanno dando a Donald Trump.
Un peccatore certamente, ma chiamato a loro modo di intendere (come Ciro ai tempi di Babilonia a favore degli Ebrei, si è argomentato), ad operare a sostegno dei valori etici propri delle due religioni.