Si può ‘comprare’ la Presidenza?

Miliardario in dollari!
E disposto a spendere davvero sostanziosamente.
Il riferimento è a Michael Bloomberg.
(Tom Steyer – in corsa a sua volta per la nomination democratica 2020 – sta, diciamo così, bene finanziariamente, ma l’ex Sindaco della Grande Mela, quanto a denari, lo surclassa).
Certo, l’idea che la Casa Bianca rischi di essere, tra mille virgolette, ‘comprata’ non è facilmente digeribile e non crediamo che l’operazione acquisto possa davvero oggi (un domani? chissà?) andare a buon fine.
Peraltro, guardando alla storia, il progetto (ovviamente, non presentato come tale) ‘mi compro White House’ – parecchi essendo i ricconi (decisamente più di Donald Trump) entrati in precedenza in corsa senza successo – non è mai andato a buon fine.
Tornando indietro non poi molto nel tempo, un vero Creso era nel 1992 (si ripropose con minore impeto quattro anni dopo) l’allora indipendente ‘terzo incomodo’ Ross Perot.
Raccolse nell’occasione un gran numero di voti popolari – addirittura il diciannove circa per cento.
Certamente, fu concausa della debacle di George Herbert Bush e della conseguente vittoria di Bill Clinton.
Ma, ahi lui, non catturò neppure un Grande Elettore.
Prima di Perot, a dimostrazione che i dollari (per fortuna) nel campo non sono tutto, più volte in cerca di gloria a livello nazionale, nientemeno che un Rockfeller (Nelson) era stato sempre sostanzialmente respinto.
Repubblicano, perse la nomination 1968 da Richard Nixon (infinitamente povero in canna, al confronto).
Inviso a molti nel suo stesso partito, subirà poi l’umiliazione di essere escluso – Vice Presidente uscente quale era (non in quanto eletto ma perché nominato da Gerald Ford) – dal ticket del Grand Old Party nelle elezioni – peraltro perse – datate 1976.
Volendo, davvero ricco era Joseph Kennedy, il padre di John, Bob e Ted.
A suo tempo fermato dalle circostanze nella personale scalata alla più alta carica, fu decisivo nella campagna 1960 anche (non soltanto: aveva le mani in pasta e di certo molto ebbero ad influire idee originali dei collaboratori e il ‘momentum’) dal punto di vista economico.
Con William Randolph Hearst – il pluridecennale magnate della stampa mai personalmente andato lontano (altro significativo fatto) nei diversi tentativi messi in atto per affermarsi elettoralmente – fu, il citato Joseph Kennedy, tra quanti determinarono i successi di Franklin Delano Roosevelt, in particolare intervenendo per fargli ottenere una difficile e contrastata nomination nella Convention del 1932 che diede il via alla sua grande, irresistibile e unica (eletto quattro volte!) carriera.

Certo, altri ricchissimi ebbero influenza in precedenza ma non si proposero personalmente preferendo restare dietro le quinte.

Occorre pur dire, comunque, che, ai loro tempi, decisamente abbienti, e alla grande, erano non pochi Padri della Patria.
Possidenti terrieri quando il possesso della terra era tutto.
Uomini peraltro straordinari, dedicarono, studio, creatività, impegno e, certamente, disponibilità, non assolutamente al precitato, esecrabile, ‘acquisto della Executive Mansion’, ma alla ideazione e realizzazione di quel vero capolavoro che sono e saranno sempre le istituzioni americane (Costituzione, Bill of Rights e Giustizia) come largamente intese.