Suburbs, rural, exurban, white non college educated men…

I voti in democrazia hanno tutti lo stesso peso.
Questo l’assunto.
Ed, effettivamente (come lamentandosene altroché, rilevava Giuseppe Prezzolini), un barbone e un fine intellettuale contano al riguardo, appunto nell’urna, del tutto ugualmente.
Larga parte dell’establishment democratico USA, invero e però, assai malvolentieri si assoggetta alla predetta affermazione indicando sostanzialmente come ‘inferiori’, etichettandoli, gli elettori che – a partire dal 1968, da quando vincendo Richard Nixon sconfisse la coalizione ‘New Deal’ formata decenni prima da Franklin Delano Roosevelt e fino a quel momento vincente malgrado i due mandati di Dwight Eisenhower – è d’uso includere nella significante, efficace espressione ‘silent majority’.
Maggioranza che tale si rivela effettivamente spesso raccogliendosi – ahimè, per l’establishment dem (i ‘fighetti’ contro i quali si è speso il conservatore e per questo libertario Clint Eastwood) di cui sopra – attorno ai repubblicani.
Ed ecco che oggi, proprio oggi guardando agli elettori che sono stati nel 2016 e possono essere nel 2020 trumpiani, le definizioni dispregiative legate ai luoghi vissuti e alla educazione scolastica ricevuta, si sprecano.
Abitano questi i ‘suburbs’…
Le zone ‘rural’ e ‘exurban’…
Sarebbero, sono, ‘white non-college-educated men’…
Perché mai questa plebaglia ha diritto di voto?, si chiedono nelle redazioni dei giornali e delle tv composte da persone che provengono tutte dalle stesse classi, hanno fatto gli stessi studi, vivono negli stessi ambienti sociali, poco o nulla a che fare hanno e vogliono avere con i quei derelitti.
Cosa tocca sopportare!