Susan Sarandon e la ‘traversata del deserto’ (il perché di una possibile astensione)

Susan Sarandon, ottima attrice premio Oscar, politicamente democratica su posizioni, per intenderci, decisamente progressiste.

Nella campagna in corso, si è dichiarata e spesa per Bernie Sanders.

Un endorsement, come si dice, gradito dal senatore del Vermont.

Poi, però, ha pubblicamente affermato che nel caso la nomination dem andasse a Hillary Clinton l’8 novembre non voterebbe per lei.

Perché?

Semplice, perché, se Bernie non passa, una presidenza Trump sarebbe quanto di meglio per “generare una violenta reazione progressista di base”.

Ebbene, per quanto tale posizione possa essere ritenuta estrema – e lo sia – non è assolutamente nuova nella lunga storia delle presidenziali americane.

Infiniti, difatti, i casi nei quali non singoli personaggi ma interi movimenti, gruppi sociali o religiosi hanno disertato le urne (non votato dall’altra parte, ci mancherebbe) per impedire a un candidato da loro non ritenuto ortodosso di vincere.

Si parla in questi casi della scelta di affrontare ‘la traversata del deserto’, quattro anni di governo ‘ostile’ di un avversario contro il cui necessariamente inaccettabile operato reagire scegliendo dipoi la persona ‘giusta’.

E questo vale a destra come a sinistra.

Discutibile tale comportamento sul piano politico e pertanto condannato dagli establishment partitici.

Accettabilissimo o almeno comprensibile sul piano ideologico e quindi apprezzato dalle frange elettorali ‘dure e pure’.