Vincere ed essere comunque all’opposizione (?!)

Un paradosso, quanto sostenuto nel titolo (e non solo negli Stati Uniti d’America)?
Certamente, colaggiù ove si guardi agli esiti delle Presidenziali non dal punto di vista del suffragio popolare a livello nazionale (rifiutato dai Padri Fondatori per garantire il Federalismo) – questione sostanzialmente farlocca – ma da quello sostanziale.
Dalla bellezza di ventotto anni e con la sola eccezione del 2004, il partito democratico prevale nel Paese per le preferenze soprattutto nelle grandi città laddove si forma la narrazione culturale, sociale, dei media di sinistra imperanti che operano sempre come attivisti non badando assolutamente alla loro funzione.
Questo significa che anche nelle occasioni nelle quali poi nel Collegio dei Grandi Elettori i repubblicani vincano, essendo la predetta narrazione recepita ovunque, la loro successiva Amministrazione sia denunciata comunque come prevaricatoria, illegittima, ahimè, volgare.
È questa una situazione alla quale il Grand Old Party deve guardare con attenzione perché a lungo andare (e lo vediamo accadere) lo colloca in una posizione infine perdente.
Lo costringe – come ampiamente dimostrato dal quadriennio di Trump – governante ma invero all’opposizione.
È al come reagire ideologicamente, culturalmente a New York e in California – barbaramente semplificando – che deve guardare.
È in situazioni come queste che potrebbe nascere un nuovo partito che comprenda le istanze politico sociali ed economiche del vecchio e quelle del vicino Libertarian Party.
Fantasie?