Winner takes all method: il difetto

Il Winner takes all method funziona nelle Elezioni Presidenziali (laddove è applicato da quarantotto Stati e del Distretto di Columbia).
In specie quando i candidati sono due.
Mostra qualche crepa, invece, allorquando è adottato (tra i repubblicani, decisamente molto spesso) per eleggere i delegati alle Convention.
Prevede (necessario un ripasso) il method – quando è assoluto e cioè prescinde dal raggiungimento del cinquanta per cento più uno dei suffragi – che il candidato che raccolga il maggior numero di voti popolari nello Stato che lo usa conquisti tutti i delegati ai quali lo Stato stesso ha diritto.
Per fare un esempio tra i mille possibili, guardando alla Florida 2016, sempre in casa GOP, Donald Trump ottenne il quarantacinque e sette per cento dei voti conquistando tutti i novantanove delegati ai quali lo Stato aveva diritto.
Se per ipotesi (è accaduto) un consimile esito si verificasse in un numero considerevole di Stati verrebbe infine nominato un esponente che in verità non raccoglie il consenso della maggioranza degli elettori del suo stesso partito.
Conseguenza possibile una minore partecipazione da parte degli stessi al voto novembrino.
È il caso nel quale una fetta dei repubblicani più radicali non vanno alle urne (mai voterebbero il democratico!) preferendo, come si dice in queste circostanze, la traversata del deserto (quattro anni dell’Asinello) all’insediamento di un, per loro, poco ortodosso, vero, osservante al limite, Elefantino.