La Fondazione Italia USA ha seguito tutta la campagna elettorale americana per le elezioni presidenziali del 2020 con i commenti esclusivi di Mauro della Porta Raffo, saggista e giornalista, presidente onorario della Fondazione Italia USA, uno dei più qualificati esperti a livello internazionale di storia politica degli Stati Uniti e elezioni presidenziali americane. Tra i suoi numerosi libri, “Obiettivo Casa Bianca. Come si elegge un presidente” (2002), “I signori della Casa Bianca” (2005), “Americana” (2011), “USA 1776/2016 – Dalla Dichiarazione di Indipendenza alla campagna elettorale del 2016” (2015), “Le Cinquantuno Americhe” (2019), “USA 2020, tracce storiche, politiche, istituzionali” (2020).

Dimissioni!

Il Washington Post, ovviamente.

Una edizione perfettamente imitata, fasulla, del celebre quotidiano, quello che causò con le sue inchieste la caduta di Richard Nixon.

E in prima pagina, strillato, “Umpresidented”.

Una notizia falsa, inventata.

Quando mai, difatti, Trump ha, avrebbe, pensato di dimettersi?

Una notizia che però non pochi tra i suoi avversari accoglierebbero con grande gioia!

 

Niente Davos

Definitivo.

Nell’annunciare la propria decisione di non partecipare al Forum Economico Mondiale di Davos – che considera molto importante – (dolorosa decisione “determinata dall’intransigenza dei democratici sulla sicurezza alle frontiere”), Donald Trump di fatto annuncia che lo ‘shutdown’ che paralizza quasi un quarto della amministrazione USA continuerà.

Un braccio di ferro che – benché alla fine risolto – avrà necessariamente conseguenze elettorali, per quanto lontane appaiano oggi le presidenziali del 2020.

E che anche in quella prospettiva si va incattivendo.

 

Trump è a McAllen, Texas

McAllen è diventata suo malgrado “il ‘simbolo dell’energia’ nel giugno 2018 con i migranti smistati nelle gabbie dei centri di detenzione” (CdS).

È colà giunto ieri il Presidente per sostenere in loco la necessità del muro.

Nel frattempo – fake news? – ecco affiorare e diffondersi la notizia che l’amministrazione intenderebbe bypassare il blocco opera dei democratici usando per la bisogna fondi non utilizzati in dotazione all’esercito.

Questo attraverso una ipotizzata procedura già in discussione.

Lotta dura da entrambe le parti.

 

Lo ‘shutdown’ più lungo della storia

Alle ore 6.01 italiane di stamattina, lo ‘shutdown’ in corso negli USA è diventato il più lungo di sempre.

È difatti iniziato il ventiduesimo giorno del braccio di ferro in atto tra Camera e Presidenza.

I sindacati dei dipendenti federali hanno fatto causa al Governo sostenendo che viola le leggi in materia chiedendo ai dipendenti ritenuti ‘essenziali’ di lavorare senza stipendio!

 

La proposta di Lindsey Graham

Senatore repubblicano del South Carolina, Lindsey Graham.

Successore nell’incarico nientemeno che di James Strom Thurmond, leggendario candidato alla Presidenza nel 1948 per i ‘Dixiecrats’, Governatore, unico Senatore in grado di festeggiare i cento anni essendo ancora in carica.

Graham ha cercato in queste ore di disinnescare la questione ‘shutdown’ proponendo a Trump una linea di compromesso.

Tre settimane di tregua per negoziare.

Una sospensione che avrebbe consentito la ripresa di importanti attività amministrative federali al momento (e da ventiquattro giorni) bloccate.

La risposta del tycoon è stata negativa.

Il braccio di ferro continua.

 

Fast food Donald Trump

‘Shutdown’ alla Casa Bianca.

Dovendo ricevere nella dimora presidenziale la squadra di football americano dell’Università di Clemson – vincitrice del titolo nazionale – Donald Trump ha pagato di persona le spese per il desinare.

Ha conseguentemente scelto l’amato cibo fast food.

Niente salmone, caviale e champagne, quindi.

Ma “una montagna di pizze, trecento hamburger e tante, tante patatine fritte”.

Evviva.

 

Esempio California

Quattro i ‘Grandi Elettori’ (si chiamano in cotal modo i delegati che nominano poi il Presidente) eletti dalla California nel 1852.

Cinquantacinque nel 2020.

Due i Rappresentanti ai quali aveva diritto ‘the Golden State’ nel 1852.

Cinquantatre quelli che elegge oggi.

Due i Senatori allora.

Due i Senatori adesso.

Fatto è che alla Camera è rappresentato il popolo e maggiore in numero degli abitanti (la California era quasi disabitata e oggi conta su quaranta milioni di residenti) maggiore il numero degli eletti.

I Senatori invece siedono a Washington in nome degli Stati che hanno pari dignità – e pertanto lo stesso numero di eletti – a prescindere da quante persone li abitino.

 

Trump diserta Davos?

In programma dal 22 al 25 gennaio prossimi l’annuale e importantissimo Forum Economico Mondiale di Davos.

Fonti della Casa Bianca informano che ad oggi – in atto lo ‘shutdown’ la cui fine appare lontana – Donald Trump potrebbe disertarlo.

La delegazione USA sarà certamente composta dal Segretario di Stato Mike Pompeo, da quello al Tesoro Steven Mnuchin e da numerosi responsabili di settore dell’amministrazione in carica.

Con il tycoon – cambiassero le cose nel frattempo – interverrebbero, aggiungendosi, la figlia Ivanka e il genero Jared Kushner.

Trump e l’ipotetico ‘terzo mandato’

Incredibilmente, oggi – a secondo biennio del primo non ancora iniziato (si è insediato il 20 gennaio 2017) – guardando assai immaginificamente al futuro, qualcuno parla di un ‘terzo mandato’ presidenziale di Donald Trump.

Il bislacco ragionamento è il seguente.

Sotto accusa per chissà quale grave crimine (‘Russia-gate, la prima ipotesi), il tycoon non può essere deposto né adesso né certamente in un ipotetico secondo quadriennio in quanto la procedura prevede sì l’accusa da parte della Camera a maggioranza semplice ma dipoi una sentenza contraria al Senato votata dai due terzi dei Laticlavi presenti.

Impossibile: dovrebbero voltargli le spalle un gran numero di Senatori repubblicani suicidandosi.

Però, una volta non più Presidente (nel 2025!) il Nostro potrebbe essere perseguito dalla magistratura avendo perso le immunità relative all’incarico.

Ecco allora che The Donald opererebbe per modificare se non abolire l’Emendamento del 1951 che limita a due e solo a due le elezioni del caso.

Rieletto quindi come normale nel 2020 potrebbe risultare di nuovo vincente nel 2024 e tranquillo fino al 20 gennaio 2029 (di più ancora se gli riuscisse un quarto exploit).

Fantascienza.

E pura follia.

La modifica costituzionale negli USA (un Emendamento è Costituzione) deve essere approvata dai due rami del Congresso e quindi ratificata dai tre quarti degli Stati.

Anche pertanto da molti Stati che votano sempre e comunque GOP.

Si sta fantasticando da ogni punti vista!

Nancy Pelosi in corsa per White House?

Il partito democratico – l’ho già scritto e lo ripeto – è in difficoltà.

Difficoltà, come dimostrato altre volte, superabili.

(Clinton nel 1992 uscì come un coniglio dal cilindro e andò a vincere, per dire).

Al momento, pare possa contare in vista del 2020 solo su vecchietti: Joe Biden, John Kerry, addirittura Al Gore.

E ovviamente qualcuno pensa alla Speaker – non me ne voglia, presto settantanovenne – della Camera Nancy Pelosi.

Ora, a ben guardare, non è che l’alta carica ricoperta dalla Signora, da questo punto di vista, meni buono.

In tutta la storia americana, dei quarantaquattro uomini (la numerazione ne da quarantacinque perché Grover Cleveland è conteggiato come ventiduesimo e come ventiquattresimo Capo dello Stato avendo vinto, perso e dipoi rivinto White House, unico eletto sì due volte ma non consecutivamente) che hanno governato solo uno aveva in precedenza assunto Il medesimo incarico: James Polk.

Non appare storicamente facilmente percorribile da parte di Pelosi questa impervia strada.