La Fondazione Italia USA ha seguito tutta la campagna elettorale americana per le elezioni presidenziali del 2020 con i commenti esclusivi di Mauro della Porta Raffo, saggista e giornalista, presidente onorario della Fondazione Italia USA, uno dei più qualificati esperti a livello internazionale di storia politica degli Stati Uniti e elezioni presidenziali americane. Tra i suoi numerosi libri, “Obiettivo Casa Bianca. Come si elegge un presidente” (2002), “I signori della Casa Bianca” (2005), “Americana” (2011), “USA 1776/2016 – Dalla Dichiarazione di Indipendenza alla campagna elettorale del 2016” (2015), “Le Cinquantuno Americhe” (2019), “USA 2020, tracce storiche, politiche, istituzionali” (2020).

Il muro si farà

“In ogni caso, il muro di farà”.

Così il portavoce della Casa Bianca Mick Mulvaney.

Aggiungendo:

“Se non sarà finanziato, Donald Trump ricorrerà ai suoi poteri esecutivi”.

Non ha del resto lo stesso Presidente più volte detto che è pronto a proclamare lo stato di emergenza al confine sud cosa che gli permetterebbe di stanziare le risorse per il muro aggirando il Congresso?

La tregua firmata ieri avrà termine il 15 febbraio dopo di che lo shutdown riprenderà.

I giochi dovranno risolversi prima, in un modo o nell’altro.

Pelosi vs Trump più duramente

Messo da parte – temporaneamente, entro il 15 febbraio sarà bene si definisca il tutto – lo shutdown, Nancy Pelosi continua a sparare du Donald Trump.

Stavolta, come poco in precedenza personalmente, a proposito del famigerato ‘Russiagate’.

(Per inciso e per la storia, si aggiunge ‘gate’ ad ogni anche ipotetico scandalo – ricordate, che so?, l’irangate? – in memoria del ‘Watergate’ che era il nome del complesso nel quale ebbe luogo l’arresto che avrebbe portato, attraverso infiniti sviluppi, alle dimissioni di Nixon, complesso edilizio progettato dal nostro Luigi Moretti).

Chiede Pelosi perentoriamente al magnate di chiarire i suoi rapporti con Vladimir Putin precedenti la campagna 2016, di parlare dei suoi interessi economici moscoviti, eccetera.

Fuoco ad alzo zero.

‘Platform’ (programma)

La prima volta che in una Convention partitica americana si è discusso, determinato e presentato agli elettori un articolato programma di governo (gergalmente, ‘platform’) in vista di una elezione presidenziale è stato nel 1840. 

Occorse in Baltimora al Partito Democratico.

Era quella la terza volta che i delegati dell’asinello si riunivano in una Convention in questo modo ufficialmente denominata.

Il Partito Repubblicano – che sarà fondato solo nel 1854 – affronterà il suo primo congresso (tale è una Convention) nel 1856 e in quella circostanza proporrà agli elettori la propria ‘platform’.

La ‘nascita’ della Convention

‘Republican Delegates from the Several States’, così era definita prima del 1832 – anno elettorale – la riunione appunto dei delegati di quello che stava diventando il Partito Democratico USA (che assumerà ufficialmente tale a noi stranota denominazione nel successivo 1844).

Fu nel citato 1832 che, raccolti a Baltimora nel mese di maggio, esattamente il 21 e il 22, per scegliere il candidato a White House (sarà l’uscente Andrew Jackson), quello alla Vice Presidenza (Martin Van Buren) e per determinare la ‘platform’ (il programma) elettorale, gli organizzatori e i delegati denominarono ‘Convention’ la riunione stessa.

Era in effetti successo che l’allora significativo Partito Antimassonico, già nel 1831, avesse in cotal modo chiamato il congresso nel quale aveva a propria volta scelto i candidati e discusso il programma, sempre in vista delle elezioni 1832.

Con l’adozione da parte dei futuri ma già organizzati democratici e nello stesso periodo temporale di altri movimenti politici del vocabolo, entra in quel momento perentoriamente (ed è ancora usata) nel gergo politico americano l’espressione ‘Convention’.

Tre settimane di tregua

Non che sia stato raggiunto un accordo definitivo.

Anzi, le trattative proseguiranno.

Ma per tre settimane – secondo autorevoli voci che arrivano da White House e da Capitol Hill – i dipendenti pubblici che a causa dello shutdown erano senza lavoro e senza stipendio potranno tornare all’opera.

Nel frattempo, si spera che venga raggiunta l’intesa che pare nascere in nuce in queste ore.

La Camera non concederebbe a Trump cinque miliardi e mezzo di dollari per costruire il famigerato muro col Messico ma una cifra simile per combattere l’immigrazione in differenti modi.

Vedremo quali.

Leloaloa, Samoa Americane

Il trascorso 11 gennaio, Tulsi Gabbard, non ancora trentottenne membro della Camera dei Rappresentanti a Washington per le Hawaii, ha annunciato di essere intenzionata ad ottenere la nomination democratica in vista delle elezioni presidenziali del 2020.

Si tratta di una candidatura di particolare interesse per varie ragioni.

Gabbard – per inciso, sarà difficile che scendano in competizione politici più giovani di lei – è nata a Leloaloa nelle Samoa Americane, un arcipelago del Pacifico Meridionale ‘Territorio non incorporato degli Stati Uniti’.

Tale circostanza fa di lei di gran lunga il pretendente a White House di origini più a Sud di sempre.

È di religione induista, altra novità assoluta.

Ha una carriera militare di prestigio avendo partecipato alla Guerra in Iraq e successivamente operato in Kuwait.

La seguente elezione alla Camera (nel 2012) fa di lei – insieme alla attuale Senatrice dell’Illinois Tammy Duckworth – la prima veterana di guerra al Congresso della storia americana.

Occupa, Tulsi, nell’ambito dello schieramento dell’asinello posizioni progressiste.

La qual cosa la pone in competizione con parecchi tra i personaggi già (o, v’è da scommetterci) prossimamente in corsa per ottenere l’investitura.

Considerata la già sottolineata giovane età della samoana, peraltro eletta nelle Hawaii, va qui ricordato che il candidato di un grande partito (trascurando quelli di movimenti meno significativi) più giovane di tutti i tempi fu nel 1896 l’allora appena trentaseienne democratico William Jennings Bryan, sconfitto a novembre da William McKinley.

Difficile davvero battere il record di quel grande oratore e demagogo dato che la Costituzione USA pone come requisito in questo campo l’avere compiuto i trentacinque anni!

Eric Garcetti, di lontane origini italiane

Capita nel 2014 che in una particolare occasione l’ex Capo dello Stato USA Bill Clinton, parlando dell’attuale Sindaco di Los Angeles Eric Garcetti, dica “potrà diventare Presidente un giorno”.

È Garcetti – di lontane origini italiane per parte di padre – un apprezzato uomo politico nell’ambito democratico e di una sua possibile candidatura per la nomination dell’asinello non si dovrebbe stupire.

Litigi

Certo, non possiamo dire che si stiano facendo i dispetti…

O invece possiamo?

Sapete dello shutdown.

Sapete che dura da fin troppo tempo.

Sapete che addirittura il Federal Bureau of Investigation (FBI) si lamenta.

Che parecchi dipendenti della pubblica amministrazione sono senza emolumenti.

Che le proposte democratiche non vengono accettate dal Presidente.

Che la richiesta di finanziamento del famoso muro messicano non viene presa in considerazione dai democratici che controllano la Camera.

Sapete che giorni fa Trump ha proibito a Nancy Pelosi di usare l’aereo ufficiale.

Che la Speaker ha di contro invitato il Capo dello Stato a inviare al Congresso il suo Discorso sullo Stato dell’Unione in forma scritta invece di pronunciarlo.

Trump ha a questo punto detto che il 29 gennaio sarà comunque alla Camera.

Per sentirsi replicare che, continuando lo shutdown, la Presidente Pelosi non gli darà assolutamente l’autorizzazione a tenerlo in quella sede.

Non è che tutta questa pantomima giovi al Presidente o ai suoi oppositori.

Nuoce fortemente a tutti!

Pelosi per KO

“Farò il Discorso sullo Stato dell’Unione quando lo shutdown sarà finito”, così poco fa, Donald Trump.

Ha quindi il Presidente preso atto della determinata posizione della Speaker della Camera Nancy Pelosi che aveva più volte detto che nella situazione data non avrebbe accolto il Tycoon nella sede istituzionale tradizionalmente usata per la bisogna.

Ha contemporaneamente deciso di non inviare il testo scritto come in uso per molti e molti anni in tempi lontani. 

‘Invisible primaries’

La corsa per le nomination – non solo per i democratici e i repubblicani ma anche per i vari partiti minori – inizia tradizionalmente a febbraio dell’anno elettorale con il caucus dell’Iowa e la primaria del New Hampshire.

Peraltro oramai da tempo, le classiche fasi pre Convention -articolate appunto tra caucus e primarie – sono precedute già nei primi mesi dell’anno prima dalla discesa in campo dei pretendenti.

Alla bisogna, la procedura seguita dai più è la costituzione di un Comitato il cui compito è di verificare le reali possibilità di vittoria del candidato al quale fanno riferimento.

Il periodo che intercorre tra le dichiarazioni di impegno degli esponenti politici interessati, i primi dibattiti televisivi interni che cominceranno a scremarne il numero e il predetto Iowa è gergalmente indicato come quello delle ‘primarie invisibili’ (‘Invisible primaries’).

È questo lo spazio di tempo nel quale i candidati cercano consensi, appoggi, contributi, sostegni.

È questo il lungo momento in cui i media, valutando le differenti situazioni, cominciano ad interessarsi alle personalità e a dare valutazioni che il pubblico, l’elettorato, recepisce.

Infine, a schierarsi con l’uno o con l’altro.

Può essere che le considerazioni conseguenti le ‘Invisible primaries’ trovino dipoi conferma.

Può accadere il contrario.

Un esempio di questa seconda eventualità si è data nel 2007 con Hillary Clinton.

Nettamente in testa in questa fase, risultò perdente nel 2008 nei confronti di Barack Obama.

Un caso di particolare efficacia delle conclusioni alle quali si può arrivare nel trarre indicazioni determinanti in questi lunghi momenti riguarda la possibile e non portata avanti nel 2016 terza candidatura di Mitt Romney tra i repubblicani.

L’andamento certamente non positivo per lui delle ‘primarie Invisibili’ lo convinse a ritirarsi.

Dappoiché in questa temperie si raccolgono altresì fondi elettorali, il diverso nome con il quale sono indicati i mesi precedenti l’Iowa è ‘money primaries’.