L’Ordinanza del Nordovest. La procedura per diventare Stati

OK, il 1787 è per gli Stati Uniti l’anno della Costituzione.
Ma è altresì l’anno nel quale il Congresso emanò l’Ordinanza del Nordovest .
Era la parte a nord del fiume Ohio ad essere in cotal modo chiamata.
Proprietà del neonato Stato a seguito del Trattato del 1783 che aveva riconosciuto l’indipendenza dalla vecchia madre patria, l’immenso territorio fu regolato in un modo del tutto innovativo, conseguente – va da sé – alle idee esposte nella Dichiarazione di Indipendenza.
Non pertanto e quindi una terra coloniale.
Le disposizioni in merito concedevano che non appena nei singoli Territori (così denominati) si fossero stabilite almeno cinquemila persone queste avrebbero potuto eleggere i propri legislatori e darsi le proprie leggi.
Che arrivati i Territori a poter contare su almeno sessantamila abitanti avrebbero potuto aspirare ad entrare a far parte degli Stati Uniti come e con gli stessi diritti delle prime tredici ex colonie.
Obbligatorio che in ogni comunità la pratica religiosa fosse libera.
Obbligatorio che ogni Territorio riservasse terreni a favore della pubblica istruzione.
Vietata la schiavitù.
Vietata anche – cosa che rese possibile il frazionamento delle proprietà terriere alla morte dei proprietari e consentì la creazione di mille piccole fattorie in luogo dei latifondi – la primogenitura.
Rivoluzione!

11 febbraio 2024

Ballot access? Difficile ottenerlo ovunque

Democratici e repubblicani (che naturalmente sono in pratica da sempre a questo livello) a parte, quali altri candidati alla Presidenza sono ammessi al voto (ottengono il ballot access) in tutti i cinquanta Stati più il Distretto di Columbia?
Domanda più che lecita ove si ricordi che ogni singola realtà locale propone proprie disposizioni al riguardo richiedendo spesso differenti requisiti ed iter.
Ricordato che in tempi passati pochi sono riusciti a raggiungere tale traguardo (John Anderson nel 1980, Lenora Fulani nel 1988 e Ross Perot due volte nel 1992 e nel 1996), il solo partito organizzato che lo abbia fatto più volte è il Libertariano (1980, 1992, 1996, 2000, 2016 e 2020).

Al 9 febbraio scorso (i dati concernenti partiti e movimenti vari non sono definitivi), la situazione 2024 era la seguente:
50 Stati più District: Democratici e Repubblicani
36 Libertariani
21 Verdi
16 No Labels
12 Constitution.

Ciò detto, trovandosi al riguardo in difficoltà il candidato indipendente Robert Kennedy jr (ostica ogni singola scalata locale non potendo contare su una organizzazione sia pur minima in essere) si sussurra che sia possibile un suo avvicinamento al Libertarian.
Se i delegati di quest’ultimo partito alla Convention fissata per maggio dovessero decidere di nominarlo il suo risultato novembrino potrebbe essere buono (la qual cosa non vuol dire affatto che abbia reali possibilità di vittoria.
Assolutamente no!).
Un vero e proprio bailamme.

11 febbraio 2024

L’anziano e smemorato Joe Biden resisterà fino alla Nomination?

Approvato nel 1965 e ratificato nel 1967, il Venticinquesimo Emendamento costituzionale ha trovato finora applicazione solo riguardo al subentro del Vicepresidente, caso ed iter previsti dal secondo comma.
Due volte, con Gerald Ford (in luogo di Spiro Agnew) su designazione di Richard Nixon e quando lo stesso Ford, arrivato alla Casa Bianca al posto del dimissionario Nixon, ha nominato Nelson Rockfeller.
Mai si è ventilata invece l’ipotesi di applicarlo per sostituire il Capo dello Stato stesso.
Procedura decisamente complessa quest’ultima e giustamente.
Se ne parla oggi seriamente con riferimento ai problemi oramai evidenti di Joe Biden.
Smemorato (il procuratore che si è occupato di suoi recenti discutibili comportamenti lo ha assolto nel contempo rappresentandolo come un anziano che ha evidenti gravi lacune) e gaffeur probabilmente oltre il limite viene invitato a farsi da parte arrivando anzi gli avversari politici ad invitare Kamala Harris a prendere l’iniziativa, nell’eventualità prevista, che porti alla sua successione come facente funzione.
Ovvio che Biden si opponga vivacemente anche se nel farlo cade in ulteriori smemoratezze e confusioni.
Sono gli americani davvero in un momento difficilissimo visto che entrambi i quasi certi candidati si dimostrano, diciamo così, difettosi.
Entrando a piedi pari nella vicenda, Nikki Haley invita sia Biden che Trump (semplificando un po’ troppo Federico Rampini sul Corriere della Sera definisce il confronto tra i due come quello “tra un deficiente e un delinquente”) a mettersi da parte.
Possibile ma decisamente improbabile una terza via: la scelta da parte democratica di un altro candidato in sede di Convention.
Un vero e proprio bailamme.

10 febbraio 2024

Trump conquista i quattro delegati delle Isole Vergini Americane 

Ok, da copione (non aveva avversari perché Nikki Haley ha corso, male, nelle Primarie del 6 scorso), Donald Trump ha stravinto il Caucus del Nevada.
Contemporaneamente però ha anche ottenuto – un altro Caucus – i quattro delegati ai quali hanno diritto in campo repubblicano le Isole Vergini Americane.
Perché è vero che a novembre saranno ammessi al voto solo i cinquanta Stati membri dell’Unione e il District of Columbia ma addirittura altri cinque Territori non incorporati (o pressappoco definiti) eleggono, per la maggior parte attraverso Primarie in date diverse, i propri delegati alle Convention.
Sono:
Isole Vergini Americane, appunto,
Isole Samoa Americane,
Portorico
Guam
Isole Marianne Settentrionali.
Di più, nel campo dell’Asino, votano anche i Democratici all’estero.

9 febbraio 2024

La Corte Suprema USA, a proposito dell’eleggibilità di Trump

Semplificando a volte brutalmente, data l’impossibilità di allargare come sarebbe dovuto in questo ambito il complesso, assai articolato, tema:
la Corte Suprema degli USA è l’unico organo giudiziario espressamente previsto dalla Costituzione americana che, accanto ad esso, elenca “quelle Corti minori che il Congresso potrà, di tempo in tempo, creare e costituire” (ed, ovviamente, se del caso, sopprimere, in mancanza di una espressa garanzia costituzionale, concessa, quindi, solo alla Corte stessa).
Risulta, quindi, del tutto evidente che nella mente dei partecipanti alla Convenzione dalla quale trasse origine la Costituzione degli Stati Uniti la Corte Suprema doveva essere il più alto Tribunale Federale cui era affidato il compito prevalente di una uniforme applicazione del diritto in tutti gli USA ed una funzione equilibratrice, di garanzia del corretto andamento del meccanismo federale.
Ma c’è di più, poiché un’ulteriore prerogativa spettante alla stessa Corte consiste nella cosiddetta ‘judicial review’ e cioè nel controllo di costituzionalità delle leggi, siano esse statali o federali.
Cosicché la Corte Suprema finisce con il cumulare, grosso modo, quelli che sono in Italia i compiti della Corte di Cassazione e di quella Costituzionale.
E’ questa seconda la funzione privilegiata sulla quale si è costituito il notevole potere dell’organo che è considerato l’autentico interprete della Costituzione scritta il che ha consentito, attraverso una giurisprudenza evolutiva o addirittura creatrice (contro tale ultima ‘evoluzione’ propria dei ‘liberal’ progressisti si battono gli ‘originalisti’ conservatori che intendono attenersi strettamente al disposto), ad un testo approvato oltre due secoli orsono e modificato in poche occasioni attraverso gli Emendamenti di continuare ad essere all’altezza delle necessità.

Stando al dettato della Carta, i giudici appartenenti alla Corte Suprema devono essere nominati (come gli alti Funzionari statali, gli Ambasciatori e gli altri Giudici Federali) dal Presidente, con il consenso del Senato (che ratifica o meno l’operato del Capo dello Stato), e, a garanzia della loro indipendenza, la stessa legge istitutiva
prevede che il nominato goda della ‘inamovibilità’ (è, pertanto, in carica a vita) e della ‘intangibilità del trattamento economico’ (l’indennizzo, secondo per entità solo a quello dell’inquilino della Executive Mansion, non può essere diminuito per nessuna ragione né tassato).
Pertanto, il giudice federale, al riparo da ogni possibile influenza così del Parlamento che del Presidente, una volta nominato è libero di esprimere le proprie indipendenti valutazioni.
Attualmente, il numero dei giudici è fissato in nove compreso il Presidente (‘Chief’).

Nota bene 1
L’importanza della Corte Suprema nella vita politico istituzionale degli Stati Uniti non fu storicamente immediatamente colta dai suoi membri e, tantomeno, dai suoi primi Presidenti.
E’ solo con la nomina di John Marshall, poi in carica dal 1801 al 1835, che ci si rese conto dell’importanza della sua azione.
Marshall, insediato dallo sconfitto John Adams secondo leggenda la mezzanotte dell’ultimo giorno di permanenza in carica quale Presidente (in verità, leggermente prima), fu l’esponente del movimento federalista che più incise sulla politica americana proprio perché per trentacinque anni a capo della Corte Suprema, alla quale seppe dare consistenza e rilievo al di là dell’immaginabile.

Nota bene 2
Spesso e particolarmente negli anni nei quali governava Franklin Delano Roosevelt, il potere politico ha cercato di prevaricare la Corte Suprema, mai, peraltro, riuscendovi.
Il predetto F.D. Roosevelt, contrariato da una serie di decisioni avverse, confermato per un secondo mandato nel 1936, considerata l’età dei sei membri a lui contrari in carica, propose che da quel momento il Presidente USA fosse autorizzato a nominare un giudice in soprannumero per ogni componente della Corte che avesse superato i settant’anni senza lasciare volontariamente l’incarico.
L’idea fu ritirata, tanto vibranti furono in proposito le rimostranze anche popolari.

Nota bene 3
Memorabili i molti contrasti tra un Capo dello Stato designante un giudice e un Senato a lui contrapposto o, anche se recante una maggioranza a lui favorevole, ostile in una minoranza combattiva.
Gli ultimi in ordine di tempo quelli vissuti tra Donald Trump nel suo unico mandato e i laticlavi democratici che, prima di comunque soccombere, si sono opposti in ogni possibile modo alla nomina prima di Neil Gorsuch, poi di Neil Kavanaugh e infine di Amy Coney Barrett.
Nomina che dovrebbe influire assolutamente sul futuro americano essendo la teorica conseguente ma maggioranza ‘di destra’ forte e formata da persone abbastanza giovani.

A chiudere.
In non poche occasioni, ho sostenuto che il potere di ratifica che vanta il Senato in tema appunto di conferma dei giudici della Corte è una delle ragioni che porta nel giorno delle cosiddette votazioni presidenziali l’elettorato americano – non solamente tra le classi più alte ed avvertite essendo le questioni inerenti da molti conosciute e discusse – ad esprimersi per l’uno o per l’altro candidato.
Guardando difatti alle possibili prossime (giudici in procinto di dimettersi o molto in là con gli anni, ammalati…) nomine e naturalmente conoscendo le idee dei due partiti in merito e dei contendenti all’incarico, si può mettere sulla scheda una preferenza volta a far sì che gli eventuali nominati siano liberal o conservatori.
Tornando al citato Donald Trump, certamente nel 2016 una componente non trascurabile del suo elettorato lo preferì per fare in modo che (sapendo che con buone probabilità i giudici da nominare sarebbero stati più di uno) nella futura composizione della Corte i conservatori fossero in numero maggiore.
Cosa che non si è ripetuta nel 2020 avendo, come sopra detto, l’ultimo Presidente repubblicano fatto il pieno.

Non è corretto terminare qui il dire sul tema senza ricordare che in non poche circostanze giudici ritenuti conservatori si sono poi dimostrati in concreto o assolutamente liberal o tali in singole decisioni.
Molto più difficile il comportamento conservatore da parte dei più vicini alle posizioni cosiddette progressiste.

9 febbraio 2024

Road to 270: Combination Detail al 7 febbraio 2024

Premessa. Si ricorda che essendo gli Electors – i delegati statali che effettivamente eleggono il Presidente il primo lunedì dopo il secondo mercoledì del mese di dicembre successivo alle votazioni novembrine fissate dal 1848 al primo martedì dopo il primo lunedì del penultimo mese dell’anno bisestile, nelle quali vengono loro stessi eletti – in totale cinquecentotrentotto, la maggioranza assoluta da raggiungere da parte dei candidati è pari a duecentosettanta e che questa è la ragione per la quale Road to 270 è correttamente il titolo di questo articolo.
Ovviamente, la situazione può mutare radicalmente da qui all’apertura delle urne il 5 novembre.

La mappa interattiva curata quotidianamente dal sito 270towin mostrava ieri febbraio la seguente situazione:
255 gli Electors attribuibili ai democratici
216 ai repubblicani.

Essendo incerte le attribuzioni di cinque Stati per totali 67 Electors, le combinazioni minime (non vincendoli tutti) per arrivare alla meta dell’Asinello necessitavano di aggiungere
la Pennsylvania (19 delegati)
o la Georgia (16)
o il Michigan (15)
o la combinazione
Arizona (11) e Nevada (6).

Quanto al Grand Old Party: obbligo di conquistare
Pennsylvania
Georgia
Michigan e
Nevada
(tutti e quattro)
e arriverebbe a 272.
Se in luogo del Nevada vincesse in Arizona toccherebbe i 277.

Come si vede, ieri (oggi o domani chissà?), i giochi sembrano pressoché fatti per il candidato democratico.

8 febbraio 2024

Unicità di Michael Dukakis

Michael Dukakis è il solo ed unico candidato alla Presidenza USA non discendente da nordeuropei tra quanti hanno ottenuto la Nomination di uno dei due parti maggiori essendo entrambi i suoi genitori greci.
Barack Obama, figlio è vero di un Luo keniano, difatti, per parte di madre lo era.
Dukakis risulta essere l’ultimo candidato democratico – sconfitti compresi – che non supera i duecento Electors (con l’iniziale maiuscola per distinguerli da quelli comuni) conquistandone solo cento undici su cinquecento trentotto.
Volendo, è altresì il solo una cui cugina attrice abbia ricevuto nello stesso anno della sua candidatura un Premio Oscar: Olimpia Dukakis, per Stregata dalla Luna.

8 febbraio 2024

Nevada caos 2  

Così non molto tempo fa si intitolavano i sequel.
Abbiamo detto in un precedente articolo che nel Nevada quest’anno i candidati repubblicani alla Nomination si confrontavano sia nelle Primarie (decise da una legge locale) che nei Caucus (comunque organizzati dal partito) e che Nikki Haley avrebbe partecipato il 6 febbraio (ieri, e vedremo come è andata) alle prime mentre Donald Trump l’8 ai secondi.

Dobbiamo ora aggiungere che le regole dettate per tutte e due le consultazioni elettorali sono particolari per altri versi.
I votanti nelle Primarie potevano anche esprimersi per “Nessuno di questi candidati” (e, ecco il promesso risultato molto deludente per l’ex Ambasciatrice, più della metà lo hanno fatto).
Per essere in corsa nei Caucus occorreva invece pagare una tassa di ben 55.000 dollari al GOP.

Domani Trump vincerà plebiscitariamente ma, occorre pur dirlo, quello dello Stato con capitale Carson City è un pastrocchio semplicemente da dimenticare.

7 febbraio 2024

Pensare tutto il male possibile dell’avversario: John Quincy Adams e Andrew Jackson 

Il testo che segue è stato scritto da Henry Adams nipote di John Quincy ed è relativo alla defenestratrazione del medesimo ad opera di Andrew Jackson nella travagliatissima campagna per la Executive Mansion del 1828:
“Al pari di Mosè e di una schiera di riformatori ed idealisti, John Quincy Adams aveva sognato, con la sua interpretazione del pensiero divino quale si manifesta nella Natura, di stringere ‘un patto con Dio’ e di rigenerare in tal modo l’Umanità.
Sapeva di essere stato al patto, anche fin troppo, per quello che lo riguardava.
E invece, quando si era venuti alla prova, Dio lo aveva abbandonato e aveva reso possibile il trionfo di Andrew Jackson che, per Adams era la materializzazione del ‘principio del male’…
Che impersonava l’incarnazione della pubblica ladreria…”

J. Q. – che non parteciperà alla cerimonia di Insediamento del rivale – era in effetti l’ultima incarnazione della schiera di “semidei”, come li aveva definiti Thomas Jefferson (che ovviamente ne faceva parte), che avevano ideato ed edificato gli Stati Uniti, una aristocrazia che Jackson, in effetti rappresentando l’emergente e ancora decisamente rozza borghesia, aveva in quel 1828/29 in qualche modo messo definitivamente nell’angolo.

7 febbraio 2024

A Washington una tempesta di neve segna la nascita del partito Democratico 

Ventiquattro i membri dell’Unione i cui abitanti sono convocati alle urne nel 1824, esattamente da martedì 26 ottobre a giovedì 2 dicembre (è a far luogo dal 1848 negli Stati Uniti si vota in un solo giorno).
Nella circostanza, gli Electors ai quali spetta l’effettiva nomina del Presidente risultano divisi tra quattro candidati (tutti appartenenti al partito Democratico/Repubblicano allora dominante) nessuno dei quali raggiunge la maggioranza nel Collegio che li riunisce. Come normativa vuole ed accade, unicum nella storia delle Presidenziali americane, l’elezione del Capo dello Stato viene demandata alla Camera dei Rappresentanti che provvede attraverso ballottaggi riguardanti i primi tre classificati.
Il voto è nel caso espresso per delegazione decidendo i Rappresentanti di ciascuno Stato al proprio interno per chi votare e valendo tutti i componenti l’Unione uno a prescindere dal numero dei rispettivi abitanti che fino ad un attimo prima li distingueva quanto ad importanza e peso elettorale.
Per quanto la distribuzione dei citati Electors veda Andrew Jackson prevalere, benché il medesimo Generale abbia anche vinto relativamente il voto popolare, la votazione camerale, in particolare ad opera di Henry Clay, quarto classificato ed escluso per legge dalla contesa, si conclude subito a favore di John Quincy Adams, a quel mentre Segretario di Stato.
L’esito è il seguente:
Adams tredici Stati, maggioranza assoluta, Jackson sette
Crawford quattro.
È il 9 febbraio 1825 e una tempesta di neve investe Washington.
La violenza atmosferica bene rappresenta quanto di politicamente tempestoso sta per accadere.
Il citato partito Democratico-Repubblicano che dalla prima affermazione di Thomas Jefferson datata 1800 domina il Paese si avvia a dissoluzione.
I sostenitori di Jackson che ritengono tradita la volontà popolare di lì a poco fanno nascere il partito Democratico che arriverà al governo concretamente il 4 marzo 1829 (1) giorno dell’Insediamento dello stesso Generale che l’anno prima ha defenestrato (2) Adams.

(1) è solo a partire dal 1937, anno successivo alla seconda elezione di Franklin Delano Roosevelt, che la cerimonia di Insediamento ha luogo il 20 gennaio.

(2) la contrapposizione d’oggi tra Joe Biden e Donald Trump è nulla paragonata a quella tra J. Q. Adams e Jackson.

7 febbraio 2024