Due (?) attentatori dei Presidenti USA e un fucile certamente italiani

Tra gli attentatori alla vita dei Presidenti americani, uno era certamente italiano.
Si tratta dell’anarchico calabrese Giuseppe Zangara che sparò in direzione dell’allora eletto ma non entrato in carica Franklin Delano Roosevelt a Miami il 15 febbraio 1933.
Non doveva essere un gran tiratore Zangara perché, pur mirando da distanza abbastanza ravvicinata, non prese F. D. R. e colpì invece a morte il Sindaco di Chicago Anton Cermak che a quel momento gli era vicino.
Morì sulla sedia elettrica di lì a poche settimane (il 20 marzo successivo) il nostro.
Del secondo ‘italiano’ attentatore si è parlato ma non si è certi.
Si tratta di Charles Nicoletti, un mafioso di buon peso di Chicago.
Secondo alcune testimonianze mai asseverate, Nicoletti sarebbe stato l’organizzatore (nonché uno degli attentatori) dell’assassinio di John Kennedy a Dallas il 22 novembre 1963.
Al di là comunque degli individui davvero o secondo i complottisti coinvolti in azioni delittuose contro inquilini di White House, di certo era italiana l’arma usata da Lee Harvey Oswald per uccidere Kennedy.
Era un ‘Carcano modello 91’ progettato dal varesino Salvatore Carcano e in uso nell’Esercito italiano per lunghissimi anni.
Era quell’arma di grande qualità altresì utilizzata dai Marines (Oswald lo era stato e la scelse conoscendola bene).
Due (con molti e fondati dubbi quanto al secondo) attentatori e un fucile ‘italiani’.

6 marzo 2024

Presidenziali del 1848

Entra in funzione la legge del 1845 che prevede lo svolgimento delle votazioni in un solo giorno, esattamente “il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre”.
Si vota pertanto il 7 del penultimo mese dell’anno.
Alle urne, il settantadue e sette per cento degli aventi diritto.
Il Presidente in carica Polk mantiene l’impegno di lasciare avendo, a suo parere, raggiunto tutti gli obiettivi propostisi.
Materia del contendere, ovviamente visti i tempi, in primo luogo l’abolizione della schiavitù.

Nell’occasione il Partito Whig conquista per la seconda ed ultima volta lo scranno presidenziale.
Lo fa presentando nuovamente un Generale (William Harrison nel 1840, Zachary Taylor nel 1848).
Come Harrison, Taylor muore in carica.
Per inciso, intento del partito era anche quello di promuovere un Emendamento che limitasse ad uno solo il numero dei mandati esercitabili dagli eletti ed è quello che succede visto che andando i due Capi di Stato all’altro mondo non possono certamente ricandidarsi.
Va altresì sottolineato che Taylor non ha le stigmate del partito che lo propone ma è una ipotesi valida essendo conosciuto come l’eroe della Guerra Messicana.
A tale riguardo, Henry Clay, arrabbiato per essere stato trascurato nella scelta, ebbe a dire che gli dispiaceva di non avere anche lui ucciso qualche messicano.
Il Vice che forma il ticket Whig è Millard Fillmore, un componente della Camera dei Rappresentanti.

Il Partito Democratico sceglie Lewis Cass, già Governatore, Senatore e Ministro.
Cass sconfigge nella Convention dell’Asinello che si svolge a maggio Martin Van Buren, ex Presidente alla ricerca di una ennesima Nomination.

Il vecchio boss del New York, un mese dopo, accetta di rappresentare nella corsa verso White House il neonato Free Soil Party – solidamente anti schiavista – e si propone come terzo incomodo.
Per lui, per quanto si agiti e condizioni il risultato (se i suoi sostenitori del New York avessero votato Cass, Taylor non avrebbe prevalso), i tempi sono oramai cambiati e nella giornata elettorale avrà suffragi in numero relativo, non vincerà in un solo Stato e non potrà contare su alcun appoggio al Collegio Elettorale.

Nel ticket Free Soil, un Running Mate di grande nome: nipote di John e figlio di John Quincy, Charles Francis Adams, futuro Ambasciatore USA in Gran Bretagna.

Da segnalare, ancora, che tra i politici emersi ma non affermatisi nelle diverse Convention si trova anche Jefferson Davis, dipoi Presidente dei Sudisti secessionisti.

6 marzo 2024

Tre Nomination consecutive per Trump?

Franklin Delano Roosevelt a parte (fu candidato quattro volte di fila vincendo sempre), un solo precedente aspirante alla Nomination di uno dei due partiti egemoni americani ha ottenuto l’investitura in tre successive circostanze: Grover Cleveland, democratico, che vinse poi le elezioni nel 1884 e le perse nel 1888 per tornare alla Casa Bianca nel 1892.
Risulta pertanto Cleveland ufficialmente sia il ventiduesimo che il ventiquattresimo Capo dello Stato USA.
Donald Trump, come si vede, ha finora percorso esattamente lo stesso cammino e si augura di farlo fino in fondo.
Nel caso, dopo essere stato il quarantacinquesimo inquilino della dimora presidenziale, diventerebbe anche il quarantasettesimo.
Per via del citato Cleveland ci troviamo oggi con un Joe Biden che è il quarantaseiesimo Presidente ma solo la quarantacinquesima persona in sella.
Nella accennata eventualità, i Presidenti sarebbero quarantasette e gli individui resterebbero quarantacinque.
Chiaro?

5 marzo 2024

Ed ecco il tanto atteso Super Tuesday il cui esito appare scontato

Spesso anche se non sempre almeno fortemente indicativo, il Super Tuesday è ovviamente così denominato per via del notevole numero di Stati che sono chiamati dai partiti al voto per la conseguente scelta di un buon numero di delegati alle Convention.
In questa circostanza, il 5 marzo, le urne sono aperte in
Alabama,
Alaska (solo Repubblicani),
Arkansas,
California,
Colorado,
Iowa (ultimo giorno in cui gli elettori democratici possono inviare il loro voto per corrispondenza),
Maine,
Massachusetts,
Minnesota,
Carolina del Nord,
Oklahoma,
Tennessee,
Texas,
Utah,
Vermont e
Virginia,
a cui si aggiunge il territorio delle Samoa Americane.

Come già detto nel titolo, i giochi sembrano decisamente fatti in tutti e due gli schieramenti e appare sempre più probabile (a maggior ragione dopo che ieri la Corte Suprema ha dichiarato all’unanimità eleggibile il tycoon) che saranno Joe Biden e Donald Trump a contendersi a novembre White House.

5 marzo 2024

Presidenziali del 1844

Si vota dall’1 novembre al 4 dicembre ed è l’ultima volta nella quale i seggi restano aperti più di un giorno.
Gli Elettori sono duecentosettantacinque e la maggioranza assoluta è di centotrentotto.
Si tratta di una delle tornate elettorali per la Presidenza USA più interessanti specie per quanto riguarda la Nomination democratica.

Il prescelto (e vedremo come), James Polk fu il primo ‘dark horse’ ad arrivare alla candidatura per la Casa Bianca.
L’espressione ‘dark horse’ indicava nelle corse dei cavalli il vincitore inaspettato, l’outsider che, contro ogni previsione, si impone.

I temi politici più importanti in ballo riguardavano l’espansione degli USA, la possibile entrata del Texas nell’Unione, i contrasti con il Messico, la questione relativa alla schiavitù, molto complessa perché gli Stati in pectore erano, Texas in primo piano, favorevoli al mantenimento della stessa.

Sconfitti quattro anni prima, i democratici speravano di riconquistare White House e il loro candidato di punta era, per la terza volta Martin Van Buren (già Vice di Jackson nel secondo mandato, Presidente nel 1837 a seguito delle votazioni dell’anno prima, battuto dal Whig Harrison nel 1840).

All’epoca – e sarà così nel campo dell’Asinello fino alla Convention del 1936 – la Nomination andava al pretendente in grado di ottenere il consenso dei due terzi del delegati alla Convenzione.
Van Buren aveva con sé la maggioranza ma non quella qualificata richiesta.
Le contrapposizioni interne al Partito Democratico vennero presto in luce e la forza dell’ex Capo dello Stato andò diminuendo mentre i delegati degli Stati del Sud tiravano fuori dal cilindro il nome dell’ex Vice e allora Segretario di Stato John Calhoun, mentre altri votavano Lewis Cass, un vecchio Ministro della Guerra, e altri ancora l’a sua volta già Vice Presidente Richard Johnson.
Tra quelli dei molti litiganti, non compariva il nome dell’ex Governatore del Tennessee già Speaker della Camera James Knox Polk.
Reduce da un paio di dolorose sconfitte elettorali e per questo in secondo piano, Polk operava per conquistare la candidatura alla Vice Presidenza.
Era, peraltro, personalmente favorevole alla immediata annessione del Texas (per la quale operava il Presidente uscente Tyler) che veniva invece avversata da Van Buren e compagnia.

Fu in ragione di questa sua apertura all’espansione della Federazione che ottenne il fondamentale appoggio dell’ex Capo dello Stato Andrew Jackson, in un primo momento favorevole a Calhoun ma poi suo sostenitore.
Non arrivò, come voleva, Polk alla candidatura come Running Mate ma, alla nona votazione, a quella per la Presidenza.

Dal canto loro, i Whig – fuori gioco Tyler, del resto mai realmente dei loro e per un qualche momento intenzionato a candidarsi come leader di un terzo partito – riuniti a Baltimora, scelsero Henry Clay, uomo di grande esperienza che aveva ricoperto praticamente tutti ruoli e che si presentava per la terza volta in lizza per la Casa Bianca.

Non trascurabili storicamente le altre due candidature ‘minori’.
James Birney, in rappresentanza per la seconda volta del Liberty Party, non andò affatto male e molti ritengono che, se non fosse stato in competizione, Clay avrebbe battuto Polk nel New York e sarebbe approdato finalmente all’agognato scranno presidenziale.
Joseph Smith – il fondatore della Chiesa Mormone – fu altresì in corsa in quel 1844.
Il suo impeto fu però spento il 27 giugno allorquando venne ucciso da un gruppo di facinorosi a Carthage, Illinois.

Quale l’esito finale?
Il democratico vinse in quindici Stati ed ottenne centosettanta voti al Collegio Elettorale.
Clay prevalse in undici Stati con centocinque suffragi nel medesimo Collegio.
Considerato il fatto che il New York contava su trentasei delegati…

5 marzo 2024

La Corte Suprema alla unanimità ha deciso: Trump è eleggibile!

La Corte suprema degli Stati Uniti conferma all’unanimità – non solo quindi con i voti dei giudici conservatori – l’eleggibilità di Donald Trump in Colorado, uno dei 15 Stati che vota domani nel Super Tuesday.
I giudici hanno accolto il ricorso dell’ex presidente contro la decisione della Corte suprema statale di bandirlo per il suo ruolo nell’assalto a Capitol Hill in base al 14/mo emendamento, che vieta le cariche pubbliche ai funzionari coinvolti in insurrezioni contro la costituzione.
La sentenza farà da precedente anche per tutti gli altri ricorsi pendenti negli altri Stati.

4 marzo 2024

Prima (e alla fine unica?) vittoria di Nikki Haley e domani il Super Tuesday

Una Primaria particolare quella tenuta ieri dal Grand Old Party nel Distretto di Columbia, sostanzialmente nella capitale federale Washington.
Laddove, cioè, i repubblicani sono una piccola minoranza e nelle elezioni, dal 1964 – la prima volta nella quale gli abitanti locali hanno avuto modo di esprimersi – vince sempre alla grandissima il candidato democratico, chiunque sia.
Laddove, per di più, la tendenza degli elettori GOP è più liberal (diciamo così) che altrove.
Orbene, in quest’ambito, domenica 3 marzo, Nikki Haley ha vinto con il 63 per cento dei consensi.
Ottenendo in verità solo un pugno di delegati ma interrompendo una sequenza decisamente infelice.
Donald Trump, commentando, ha al riguardo assolutamente esagerato arrivando a definire “cervello di gallina” la rivale.
(Non è stato forse lui a nominarla Ambasciatore all’ONU? Che diavolo di scelta fece allora?)

Oggi 4 marzo, ancora tra i repubblicani, si vota in South Dakota.
Il giorno dopo, per entrambi i partiti, l’attesissimo Super martedì con la bellezza di quindici Stati all’opera.

Per la cronaca, Haley non è data in vantaggio dai sondaggi da nessuna parte.

4 marzo 2024

L’immaginaria cordata Joe Biden/Nikki Haley

Si vocifera molto di questi tempi a proposito di strane, assai improbabili alleanze.
Il movimento No Labels si è dichiarato disponibile ad appoggiare una candidatura terza (contro Biden e Trump) di Nikki Haley a condizione che l’ex Governatrice accetti nel ticket un esponente democratico come Vice.
Ovviamente, netto il rifiuto (soprattutto per via di questa particolare condizione) dell’interessata.
Solo nel 1864, a Guerra di Secessione ancora in atto, nel ticket (1) vincente – come oggi vorrebbero fantasiosi media che parlano di una accoppiata Biden/Haley – effettivamente il candidato alla Presidenza e il Running Mate appartennero a due partiti differenti: Abraham Lincoln, incumbent e repubblicano, Andrew Johnson, in sostituzione di Hannibal Hamlin, Vice e asinello.
Questo per dimostrare che non tutti i democratici erano secessionisti.

(1)
Ricordo che il ticket candidato Presidente/candidato Vice è stato introdotto con un Emendamento nel 1904 e che appunto solo dallo stesso anno è in uso.In precedenza, il più votato tra gli eligendi approdava alla Executive Mansion e il secondo classificato lo affiancava anche se appartenente ad un diverso partito (nel 1796 fu eletto un federalista, John Adams, al cui lato sedeva un democratico /repubblicano, Thomas Jefferson).

4 marzo 2024

Presidenziali del 1840

Si vota per la Presidenza per la quattordicesima volta.
I seggi sono aperti dal 30 ottobre al 2 dicembre.
Aumento vertiginoso del numero dei votanti che arrivano addirittura all’ottanta e due per cento degli aventi diritto.
I componenti il Collegio Elettorale da eleggere sono duecentonovantaquattro.
La maggioranza assoluta è fissata quindi a centoquarantotto.

Il Partito Democratico, riunito a Baltimora, opta per la conferma del Presidente uscente Martin Van Buren.
Nascono problemi quanto alla figura del possibile Running Mate, tanto che il Vice in carica Richard Johnson – peraltro già arrivato a ricoprire il ruolo in modo particolare, come narrato – non viene riproposto.
Alla fine, nessuno sarà candidato dai democratici alla Vice Presidenza e gli Elettori dell’Asino si divideranno optando per lo stesso Johnson, per l’ex Governatore della Virginia Littleton Tazewell, per l’allora Governatore del Tennessee James Knox Polk.

Il Partito Whig – assai più agguerrito rispetto alla tornata del 1836 – cambia strategia e punta su un solo uomo: il Generale ed ex Senatore dell’Ohio William Harrison, colui che aveva ottenuto quattro anni prima i migliori risultati in termini di voti popolari e di Stati conquistati.

Il risultato è favorevole proprio ad Harrison che conquista diciannove Stati e duecentotrentaquattro Elettori.
Il rivale – sonora sconfitta per un Capo dello Stato uscente – deve accontentarsi di sette Stati e di sessanta membri del Collegio.

Va ancora segnalata la candidatura di James Birney per il neo costituito Liberty Party, movimento antischiavista.

Annotazioni
Le elezioni del 1840 si segnalano per molte stranezze e primati.
Harrison sarà fino al Reagan del 1980 il più vecchio Presidente eletto (aveva sessantasette anni da un pezzo) e il più vecchio a giurare (aveva sessantotto anni compiuti).
Lo stesso, sarà il primo Presidente USA a morire in carica: il 4 aprile 1841 esattamente trentuno giorni (record della più breve permanenza a White House) dopo la cerimonia dell’insediamento – tenutasi il 4 marzo 1841 – muore di polmonite.

La morte di Harrison dà il via alla cosiddetta ‘Maledizione dell’anno zero’.
Dal 1840 al 1960, infatti, tutti i Presidenti eletti o confermati in un anno con finale zero muoiono in carica.
Nell’ordine, dopo il pluricitato Harrison, Lincoln (vincitore nel 1860), Garfield (eletto nel 1880), McKinley (confermato nel 1900), Harding (vittorioso nel 1920), F. D. Roosevelt (riconfermato anche nel 1940), Kennedy (eletto nel 1960).

Se si guarda al risultato del voto nel Collegio Elettorale, incredibilmente, si trovano tra quanti hanno riportato suffragi ben quattro tra Presidenti in carica e futuri:
William Harrison, Presidente eletto
Martin Van Buren, Presidente uscente e sconfitto
John Tyler, Vice di Harrison e di lì a poco suo successore mortis causa
James Polk, nel 1844 in corsa e vittorioso, che riceve un voto come Vice Presidente.

4 marzo 2024

Trump stravince negli Stati chiamati alle urne sabato 2 marzo

I dati ufficiali comunicati dal partito repubblicano dell’Idaho con riferimento al Caucus del 2 marzo sono:
Trump: 33,603 voti, 84.89%
Haley: 5,221 voti, 13.19%
Ron DeSantis: 534 voti, 1.35%
Vivek Ramaswamy: 95 voti, 0.24%
Chris Christie: 91 voti, 0.23%
Ryan L. Binkley: 40 voti, 0.10%
Questo perché le schede sono state stampate prima del ritiro degli ultimi quattro candidati sopra riportati.

Quanto al Caucus del Missouri – larghissimo il margine a favore del tycoon – il voto aveva valore consultivo.

3 marzo 2024